Quell’albero della vita che appare nelle cantiche di Dante e dal quale, almeno secondo le più ardite teorie e leggende, scaturirebbe l’idea stessa della Commedia, non poteva che divenire l’ennesima meta delle Vie dell’amicizia. Allora, voci di fratellanza e di preghiera sono risuonate nella cattedrale di Otranto, sul rigoglioso disegno medievale che sembra racchiudere tutta la storia (e il destino) dell’uomo, sull’immenso mosaico di pietra - che proprio i maestri ravennati hanno saputo riportare all’originario splendore - in cui Nuovo e Antico Testamento, Corano e Torah si incontrano in un unico inestricabile disegno creativo. Voci che nel cuore della cittadella-medina, per secoli coacervo di culture e religioni diverse (ma anche, con i suoi 813 martiri, segnata sul finire del Quattrocento dall’odio più barbaro), si sono levate contro la follia del male. E la musica si è aperta all’universalità di un messaggio che supera i confini del suono: musica che si fa preghiera, abbraccio tra gli uomini, “ponte di fratellanza” tra Oriente e Occidente. Poli espressivi riassunti nella composizione di Arvo Pärt con cui il gesto inconfondibile di Muti ha intrapreso il nuovo “viaggio”, cedendo poi alla celestiale melodia immaginata da Haydn nel Paradiso terrestre e, infine, alla sgomenta commozione dell’uomo di fronte a Dio che solo il Te Deum verdiano sa esprimere.