Three Figures

Lorna Simpson
Nata a Brooklyn, New York, USA , nel 1960.
Vive e lavora a Brooklyn.

Lorna Simpson è diventata famosa a metà degli anni ottanta per il suo approccio concettuale e performativo alla fotografia. Il suo tipico stile, che combinava immagini di grande formato con testi di accompagnamento, sfidava i punti di vista convenzionali su genere, razza, identità, cultura, storia e memoria. Un motivo ricorrente nelle sue prime opere è una donna afroamericana, ripresa di spalle, che indossa un ampio abito bianco e la cui testa è tagliata dal formato dell’immagine. Questi primi lavori riflettono il tentativo di aggirare le rappresentazioni stereotipate dei soggetti neri e di sviluppare invece un linguaggio visivo che permetta una lettura molteplice e complessa. Negli anni novanta la sua attività è segnata da un cambiamento: Simpson comincia a realizzare grandi fotografie stampate su griglie di feltro, con pannelli di testo di accompagnamento che alludono a momenti proto-cinematografici; abbandona la figura umana per sostituirla con soggetti architettonici, paesaggi e interni. In questo periodo, inoltre, comincia a sperimentare con filmati e video che, ben presto, diventeranno una parte essenziale del suo lavoro.
Le opere di Simpson affrontano temi sociali controversi con splendida eleganza formale. Come un etnografo delle immagini, utilizza l’obiettivo per analizzare in quale modo la figura dei neri, e delle donne in particolare, viene rappresentata nella cultura visiva americana. Indaga con la precisione di uno scienziato gesti, pose e acconciature per mettere in discussione gli stereotipi di razza, di genere e quelli sociali. È raro trovare in una sua opera una figura umana ripresa per intero; lei ne presenta frammenti, che parlano di specifici contesti culturali. Negli anni Duemila ha cominciato a occuparsi di (auto)rappresentazione, raccogliendo e lavorando con archivi fotografici acquistati in rete: queste immagini l’hanno aiutata ad ampliare il campo delle sue complesse indagini su razza e identità, e sulla loro gestualità.
Le nuove opere che saranno in mostra alla 56. Biennale di Venezia presentano un aspetto più pittorico dell’opera di Simpson. Pur restando fedele al suo interesse per la figura femminile, scompone e ricompone ulteriormente i corpi dei suoi soggetti. Con una tecnica non dissimile da quella surrealista del “cadavere eccellente”, distorce le parti del corpo e predilige le prospettive estreme, trasformandole in segni e simboli enigmatici.