Mika Rottenberg
Nata a Buenos Aires, Argentina, nel 1976.
Vive e lavora a New York, USA .
Al centro delle videoinstallazioni dai colori fastosi di Mika Rottenberg c’è il corpo femminile e la sua relazione con i sistemi di produzione. Nel 2004, mentre completava il master in belle arti alla Columbia University, Rottenberg ha scoperto gli scritti di Karl Marx, le cui teorie sul valore e sul lavoro hanno iniziato a filtrare nella sua opera. Le protagoniste delle opere di Rottenberg effettuano operazioni sfinenti e ripetitive per realizzare prodotti bizzarri e inutili. I suoi video sono costruiti come storie complesse sui modi in cui il valore può essere estratto dal corpo umano.
Tra i gesti che distinguono il lavoro di Rottenberg da quello di altri artisti – come la Factory di Andy Warhol o il Cremaster Cycle di Matthew Barney, con la sua carica fisica e sessuale – è la sua palese assenza dai propri video. Rottenberg sceglie altre donne (per esempio bodybuilder, o donne con i capelli molto lunghi, o dai corpi straordinariamente flessibili) i cui fisici fuori dal comune diventano i luoghi di una produzione estrema. Le loro figure riempiono lo spazio del fotogramma e soccombono a funzioni corporee come starnuti e sudore, che Rottenberg riesce ad assorbire nella sua economia della merce. Catene di montaggio dalla complessità ridicola – che sfruttano la forza degli arti umani e altri strumenti surreali come paracadute, porte, ingranaggi, assi, tubi e pompe che fischiano, sospirano e scricchiolano – trasformano unghie tagliate in ciliegie al maraschino, estraggono il sudore per ricavarne salviette umidificate e incanalano lacrime dentro un impasto. In Squeeze (2010), un cubo di spazzatura finemente lavorato strizza l’occhio ai valori apparentemente arbitrari attribuiti agli oggetti d’arte. Per Rottenberg il prodotto finale è, in definitiva, privo di valore. Nella sua simulazione dell’universo, il valore è determinato dallo sforzo, dalla fatica fisica investita nella sua realizzazione.
La saturazione dei colori e delle trame nei video di Rottenberg è unita alla sensazione di claustrofobia delle sue inquadrature ravvicinate e degli spazi di proiezione molto intimi, che sono pensati per acuire nel pubblico la consapevolezza del proprio corpo. Per raggiungere lo spazio di proiezione della sua ultima videoinstallazione NoNoseKnows, i visitatori devono prima attraversare una fabbrica di perle. L’artista crea una soglia (o piuttosto, nelle sue parole, “un ostacolo”) che il pubblico deve coscientemente trasgredire per accedere alla camera di proiezione. Una volta dentro, Rottenberg mostra loro un mondo che va al di là della coltura delle perle – una protesi nasale, esplosioni animate, spaghetti – per sbrogliare le idee di irritazione, ibridazione culturale e dematerializzazione.