Tetsuya Ishida
Nato a Yaizu, Shizuoka, Giappone, nel 1973; morto a Tokyo, Giappone, nel 2005.
Ha vissuto e lavorato a Tokyo.
Il pittore giapponese Tetsuya Ishida è diventato adulto quando la bolla economica è improvvisamente scoppiata, facendo sprofondare il suo Paese in una lunga crisi finanziaria caratterizzata da un senso di stagnazione, isolamento e disperazione. Ishida, purtroppo, è morto a soli 31 anni, travolto da un treno a un passaggio a livello in un sobborgo occidentale di Tokyo. Fortunatamente la sua eredità artistica è ampia e illuminante, e offre un compendio di immagini surrealiste che riflettono lo stato d’animo della società giapponese negli anni novanta e all’inizio degli anni Duemila. Ishida incanalò la psicologia sociale del cosiddetto “decennio perduto” in una narrativa simile a uno stato di trance, illustrata da personaggi che sembrano soffrire in silenzio in circostanze strane e insolite.
Laureato nel 1996 alla Musashino Art University di Tokyo, Ishida era un ambizioso pittore a olio con un’immaginazione intricata e ossessionante. Nei suoi dipinti la metamorfosi è un abituale tropo visivo. Ishida, infatti, assoggetta il corpo umano indifeso a una miriade di trasformazioni kafkiane o boschiane. Le braccia di uomini dall’aspetto normale, che indossano completi da ufficio, si trasformano in chele di granchio, come in Guchi (Reclamo) (1996), oppure in nastri trasportatori, come in Supermarket (1996). Un esempio particolarmente inquietante è Long Distance (1999), in cui un personaggio dentro una cabina telefonica ha la testa di un uomo dall’aria infelice ma il corpo di un cavalluccio marino. In un altro quadro, Untitled (2) (1998), otto ragazzi, tutti senza gambe, stanno mangiando, dormendo, leggendo e defecando nello squallore di un appartamento sovraffollato sopra un anonimo supermercato. Ciascun personaggio, al posto degli abiti, indossa un sacchetto di plastica i cui manici diventano spalline. In queste combinazioni fantastiche si fondono biologia, tecnologia e cultura del consumismo: suscitano meraviglia, ma ancora di più angoscia, e rappresentano il disperato tentativo di sopravvivere nel mezzo della crisi economica del Giappone.
I quadri di Ishida sembrano illustrare il suo metodo per affrontare la recessione economica diffusa non solo in Giappone, ma anche le precarie condizioni politiche ed economiche del mondo in generale. Se le sue composizioni narrative sono decisamente giapponesi nei particolari, una risposta viscerale a queste immagini giunge da persone di tutto il mondo. Questa reazione universale è indice di un’angoscia più pervasiva e insidiosa relativa al futuro della società e del progresso umano. Osservare una tela di Ishida significa vivere la tensione emotiva di questa epoca di incertezze.