Il centro della composizione è una vaschetta di pesci posata sopra una specie di cassa e dipinta con bella intenzione spaziale. Al suo interno, due creature che evidentemente sono pesci rossi, ma che somigliano più a piccole foche scarlatte, navigano all’interno di un’acqua somigliante al mare. Intorno, cumuli di palline bianche. E la pallina bianca è evidentemente l’arma del buffo illusionista con il cappello da matto che tiene con una mano la biglia e con l’altra brandisce il megafono per annunciare il suo numero. A sinistra, la donna dell’incantatore, di procace ma grottesca bellezza, sgrana i suoi occhioni e stampa le sue labbra disegnate dal rossetto. Più in alto, un ragazzino completa la scena sollevando due palline. Cosa possa accadere non è noto, anche perché il tutto si svolge all’interno di un parco dal verde geometrico in cui spuntano animate piantine. Una creazione quasi miracolosa, di intensità chagalliana, che ci sospende all’amo della vera illusione, quella del pittore.
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