«Da un anno ormai salivo ogni giorno sul Vesuvio per lavorare. E ogni giorno ci volevano sei ore di viaggio a cavallo per andare, tornare e salire fino al cono sulle spalle delle guide». Così scrive nel suo Taccuino di ricordi Giuseppe De Nittis, rientrato in Italia nel 1871-1872 a causa del conflitto franco-prussiano che lo aveva allontanato da Parigi, dove viveva dal 1868. Al suo rientro in Italia, riprendendo quell’attenzione per il paesaggio che lo aveva impegnato fin dagli esordi coi compagni della cosiddetta Scuola di Resina, De Nittis si concentra sulle vedute del Vesuvio, realizzando diverse piccole tavole (una settantina circa) oggi divise tra collezioni pubbliche e private. Questi dodici oli rappresentano un nucleo significativo di questi studi, nei quali il tema del Vesuvio, da sempre motivo di fascino per artisti e viaggiatori, viene indagato con attitudine quasi scientifica e con una sorprendente modernità pittorica, nella quale l’artista mette a frutto la velocità di osservazione e la spregiudicatezza esecutiva maturate a contatto con gli impressionisti francesi.