L’opera di Walter Nomura aka Tinho cerca di stabilire con il visitatore un dialogo confidenziale e ci riporta ad una dimensione intima, quella dell’infanzia. Attraverso le suggestioni che i suoi disegni e gli enormi pupazzi evocano, ci trasmette l’inquietudine generata dalla vita contemporanea, la profonda alienazione e l’individualismo che contraddistinguono la vita negli spazi urbani celate dalla frenesia del nostro agire quotidiano. I suoi peluche, simbolo di innocenza e leggerezza perduta, ci inducono attraverso questa implicita denuncia ad una riflessione sul fine del nostro agire. La sua opera in primis è frutto di una scelta etica e morale: in un epoca in cui il calcolo economico genera fenomeni distruttivi per il nostro pianeta, come lo spreco delle risorse e la generazione di smisurate quantità di rifiuti, i suoi pupazzi sono creati utilizzando materiale di scarto tessile e vestiti riciclati. I libri rinvenuti nella caserma cospargono il pavimento e diventano il terreno sul quale siamo chiamati a camminare. Una raffigurazione in chiave simbolica di come la conoscenza e la cultura vengano assoggettate ogni giorno dal potere economico.