Jeremy Deller
Nato a Londra, UK, nel 1966.
Vive e lavora a Londra.
Jeremy Deller è tanto artista concettuale quanto cartografo sociale. Rinuncia a frequentare una scuola di belle arti e studia invece storia dell’arte presso il Courtauld Institute of Art di Londra e la University of Sussex. Nel 1993 organizza la sua prima personale nella casa dei genitori mentre questi sono vacanza. Con i suoi oggetti e fatti tratti dal quotidiano – dalle insegne stradali alle t-shirt, agli adesivi paraurti, alle parate di paese, ai diagrammi – l’artista ha ideato una formula che definisce “surrealismo sociale”. Questi interventi vanno oltre la pratica surrealista di ridare un nuovo uso all’oggetto trovato e di elevarlo allo status di oggetto artistico, mediante interazioni catalizzanti, se non addirittura vere e proprie collisioni.
I protagonisti e antagonisti della storia e del folklore britannico, da William Morris al principe William, popolano le opere di Deller insieme ai comuni passanti. La sua fondamentale opera The Battle of Orgreave (2001) reinscenava, con la partecipazione di duecento manifestanti originali, un violento confronto tra polizia e minatori durante lo sciopero del 1984. Vicino allo spirito di artisti contemporanei quali l’americano Mike Kelley, lo svizzero Thomas Hirschhorn o l’argentino Rirkrit Tiravanija, il lavoro di Deller è imperniato sulla collaborazione e sul suo insistere sulle forme vernacolari. Nel 1999, con il britannico Alan Kane, l’artista fonda il Folk Archive, un progetto tuttora in corso per creare un resoconto visivo dell’arte popolare britannica contemporanea. La generosità di Deller come artista nasce non soltanto da un sincero impegno sociale ma anche da un genuino sconcerto di fronte alle svolte storiche e da un coinvolgimento nelle eccentriche caratteristiche della vita britannica di ogni giorno.
La mostra di Deller alla Biennale di Venezia comprende opere tratte dalla sua esposizione All That Is Solid Melts Into Air, presentata per la prima volta nel 2013 alla Manchester Art Gallery. In essa l’artista unisce la vita quotidiana, gli amori e le proteste dei lavoratori delle fabbriche in rivolta nell’Ottocento con canzoni operaie trasmesse da un jukebox, astutamente incorniciato entro una pittura murale che rimanda all’idea di una fornace o al fuoco e zolfo del quadro di John Martin The Destruction of Sodom and Gomorrah (1852). Le canzoni, in parte, attribuiscono l’origine della musica heavy metal al fragore prodotto dalle macchine sul suolo della fabbrica. Ventotto stampe fotografiche del 1865, raramente viste in precedenza e raffiguranti anonime operaie siderurgiche, accompagnano uno striscione con la scritta: “Hello, today you have the day off” (“Salve, oggi avete il giorno libero”). Quella che in passato era un’implacabile irregimentazione del tempo degli operai è stata ormai sostituita da un atto di espropriazione che colpisce oggi i lavoratori a zero ore, il cui tempo in servizio e lasciato alla discrezione del datore di lavoro. In questa raccolta di oggetti, Deller scava nelle dolorose vestigia della transizione del suo Paese verso una società postindustriale, una transizione spesso trascurata anche se tuttora intensamente sentita.
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