L'opera è datata sulla base di informazioni documentarie tra il 1910 il 1911. In questo periodo Adolfo Wildt raggiunge nuovi esiti nelle proprie sculture: il delirio attorto dell'anatomia, il trionfo ellenistico e barocco, il virtuosismo decorativo riescono a esprimere la volontà dello scultore di indagare nel profondo l'inconscio collettivo e il mondo dell'irrazionale. Segnalato a Ricci da Vittorio Sgarbi, che lo vide esposto presso un antiquario romano, venne acquistato nel 1987 dall’editore che contribuì a rendere l'artista ancora più noto con una splendida monografia curata da Paola Mola e pubblicata nel 1988 all'interno della collana "I segni dell'uomo".