L’opera è un caso unico nella pittura leonardesca. La Vergine, raffigurata al di là di un parapetto, allatta Gesù che, seduto su un cuscino, si volta a guardare l’osservatore stringendo nella mano un cuore, simbolo dell’amore divino. La madre lo contempla intenerita, i suoi gesti sono delicati e protettivi e le labbra chiuse non sorridono.
Il viso, incorniciato dal velo trattenuto dal complicato annodarsi della fascia azzurra, si profila contro una tenda rossa. Sullo sfondo si apre un ampio paesaggio, con una contadina che si incammina verso un gruppo di case.
La composizione deriva chiaramente dalla celebre Madonna Litta, oggi non più attribuita a Leonardo, ma a un suo stretto seguace. Il modello è stato modificato con l’inserimento del parapetto, della tenda e dell’ampio panorama. Se alcuni motivi sono propri del repertorio leonardesco, altri risultano del tutto insoliti nella tradizione lombarda: la tenda, con le sue pieghe angolose, la foggia del velo e dell’acconciatura. Anche la tecnica ha sollevato perplessità, al punto che qualche studioso ha suggerito che l’opera sia un abile falso. È però più probabile che questi dettagli siano rielaborazioni eseguite in epoca tarda, forse all’inizio dell’Ottocento, per motivi di aggiornamento di gusto. Al di là della sua paternità, il dipinto è assai sofisticato, come è evidente nella sottigliezza del disegno e dello studio di luci e ombre, o nei dettagli del piede del Bambino oltre il parapetto e dell’ombra proiettata dalla nappa del cuscino.
F. A.