La superficie pittorica dell'opera "Paese selvatico" (1958) diviene campo di libere aggregazioni di forme e colori. L'ultima fase della pittura di Renato Birolli, prima dell'improvvisa morte nel 1959, raggiunge un'assoluta libertà di composizione: il dipinto si risolve in una pittura a macchia, dove la luce-colore funge da elemento strutturante e tuttavia non perde il suo legame con una matrice oggettiva dell'immagine. Birolli pensa a una pittura che nasce dalla fonte delle sensazioni, attraverso un linguaggio aperto al mondo interiore, alle sensazioni psichiche, che si sostanzia in soluzioni che risentono dell'Informale, respingendo però ogni automatismo gestuale per lasciarsi guidare da una profonda coscienza di un evento lirico che matura lentamente nella sua fantasia.