Jason Moran
Nato a Houston, USA , nel 1975.
Vive e lavora a Harlem, New York, USA .
Jason Moran è performer, pianista e compositore e, attualmente, è direttore artistico per il jazz al Kennedy Center di Washington, D.C. È apprezzato per le innovazioni e la rivitalizzazione del genere musicale jazz, al quale ha conferito forza interdisciplinare utilizzando il campionamento digitale, appropriandosi di altri generi musicali, come il rap e l’hip-hop, e collaborando con artisti al di fuori del mondo della musica. Il suo album Artist in Residence (2005), per esempio, presenta l’artista concettuale Adrian Piper che legge ad alta voce estratti della propria tesi di dottorato A New Model of Rationality (1981); nella traccia Break Down, le parole di Piper vengono trasformate in un manifesto dinamico, accompagnate da costanti percussioni in levare e dalle eleganti improvvisazioni di Moran al pianoforte.
Moran, inoltre, ha collaborato con altri artisti affermati fra i quali Kara Walker, Lorna Simpson, Glenn Ligon e Joan Jonas, oltre che con musicisti e vocalist come Me’Shell Ndegeocello e Alicia Hall Moran, sua moglie. Nel 2014 ha lavorato con l’artista Theaster Gates a un progetto per la Chicago Symphony Orchestra, nel quale i due riflettevano sulla frase quacchera “dire la verità al potere”, illustrando la storia della città attraverso la musica, l’arte e la narrazione. Il progetto di Moran per la Biennale di Venezia, STAGED, riguarda l’architettura di due celebri club, il Savoy Ballroom e il Three Deuces Club di New York. Concentrandosi sul rispettivo contesto storico, che si riflette nella loro identità spaziale, l’artista esplora come ciascuna sala avvicinasse esecutori e pubblico, o permettesse ai musicisti un’esperienza più intima, quasi claustrofobica. Considerando che entrambe le sale erano in attività nell’era delle leggi razziali Jim Crow (1865-1965), Moran riconosce un certo simbolismo nel voler soffocare le voci nere in simili spazi anche quando la popolarità del jazz aveva raggiunto l’apice. Alla Biennale alcuni elementi architettonici, che rappresentano l’uno o l’altro club, vengono ripresi insieme a strumenti e arredi scenici che, di tanto in tanto, verranno “attivati” dagli artisti. Negli intermezzi, Moran presenterà una serie di Work Songs ispirate a quelle tradizionalmente cantate dai prigionieri o dagli operai che eseguivano un lavoro manuale ripetitivo. La contemporaneità negli anni trenta delle canzoni dei forzati alla catena al Sud e dei club di musica swing al Nord mette in luce la complessa e frammentaria formazione dell’identità culturale dei neri d’America.