Se nel periodo che separa i due conflitti mondiali l’arte italiana trova nuova linfa rigenerante guardando gli esempi artistici del passato, in scultura è sicuramente Arturo Martini a pervenire a risultati più originali e convincenti. Le sue meditazioni sulla statuaria antica, nutrite in quegli anni dalle ripetute visite al Museo di Villa Giulia a Roma, trovano un importante banco di prova nella I Quadriennale romana, dove anche «Ragazzo seduto» è esposto insieme a una manciata – impressionante per qualità – di lavori, a fronte dei quali il riconoscimento più alto per la scultura attribuitogli in quella manifestazione appare, con lo sguardo di oggi, quasi scontato. «Ragazzo seduto» venne realizzato, come molte terrecotte del periodo, a Vado Ligure. Qui l’ingegner Fusconi dell’Ilva Refrattari aveva messo a disposizione delle scultore un forno dove poter modellare e cuocere direttamente in luogo, senza bisogno così di spostare, le grandi terrecotte. Dopo la presentazione nell’esposizione romana ritroviamo l’opera alla IV Mostra Sindacale di Torino del maggio 1932, dove venne acquistata dalla Soprintendenza, e quindi inviata in America nel 1939 per l’Esposizione Universale di New York, dalla quale sarebbe tornata, malconcia, solo a conflitto terminato, nel 1947 («Non bisognava spedire in America quel ragazzo senza braccia» sarà il commento dell’artista). La scultura, raffigurante un giovane uomo seduto ma con lo sguardo e il busto protesi in avanti, il piede destro appoggiato su una pietra, risalta per l’attenzione rispettosa dell’artista per la materia di cui è fatto. Se c’è, infatti, un tratto linguistico che,oltre all’onnipresente accento neofigurativo arcaico, allinea tutti i suoi lavori, questo si ravvisa nella scelta di lasciare sempre emergere l’espressività tattile dei diversi materiali con cui decide di lavorare: la fragile ruvidità delle terre, la porosa durezza delle pietre o l’ispida resistenza del legno. Impollinata dalla fascinazione per i reperti etruschi e romani, che Martini aveva avuto modo di avvicinare durante le molte visite alle collezioni pubbliche di archeologia, per quest’opera sono stati proposti riferimenti visivi quali l’«Ermes seduto» del Museo Archeologico di Napoli e l’«Auriga» del Museo dei Conservatori di Roma.