I Pupi Siciliani

“Nella millenaria famiglia delle marionette, i pupi siciliani occupano un posto speciale”

"La Storia"

L’Opera dei Pupi siciliana (Opra) è uno spettacolo caratteristico teatrale in cui le marionette, animate dai “pupari”, rappresentano le gesta dei più grandi eroi medievali che lottarono per la cristianità contro i saraceni.

In particolare, il tema più ricorrente dell’Opra fu lo scontro fra i paladini di Carlo Magno e i guerrieri musulmani che, occupata la penisola iberica, rappresentavano una vera minaccia per il regno franco e per l’intera Europa cristiana.

Secondo la tradizione storiografica il teatro delle marionette a soggetto cavalleresco, era già noto in Spagna nel 500, fu introdotto in Francia nel XVII sec. e diffuso in Italia (Sicilia) dalla città di Napoli nei primi decenni dell’800.

Nell’isola, esso acquisì rapidamente caratteristiche specifiche che fecero ben distinguere l’Opera dei Pupi dalla generica arte delle marionette.

I Pupi siciliani vennero infatti rivestiti con elaborate armature di metallo ed il filo direzionale della mano destra fu sostituito da un’asta di ferro, più adatta a far compiere alla marionetta movimenti diretti e precisi, specialmente durante i combattimenti e i duelli.

Antica bottega, Fonte originale: Camera di Commercio di Catania
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Anche le tematiche morali proposte durante gli spettacoli, fondate sempre sull’alto senso della giustizia ed il rispetto della libertà, furono un elemento distintivo dell’Opera dei Pupi, che entrò bene in sintonia con l’animo dei siciliani, riscuotendo un grande favore popolare. 

Come spesso accade nella storia e nella cultura siciliana, anche l’Opera dei Pupi ebbe i suoi centri di interesse nelle due principali città dell’isola, dove si distinsero due importanti tradizioni teatrali: quella di Palermo e quella di Catania. 

In entrambe le città, esperti pupari, sulla base di racconti prevalentemente orali spesso genialmente adattati e personalizzati, proponevano intrecci ripresi dall’antica letteratura cavalleresca, all’interno della quale ricoprì un ruolo preponderante il ciclo carolingio con la Storia dei Paladini di Francia.

Lo spettacolo, della durata di circa due ore ripartite in tre atti, faceva rivivere gli amori e le gesta di re, eroici paladini cristiani, nobili saraceni, bellissime fanciulle, maghe e negromanti che piegavano i diavoli al loro volere, enormi giganti e terribili draghi.

Scudo di saraceno, Fonte originale: Camera di Commercio di Catania
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La forgiatura di uno scudo di saraceno.

Tali personaggi erano tutti personificati da pupi costruiti con grande sapienza artigianale con un’ossatura di legno ed interamente rivestiti di lucenti armature e preziose stoffe. 

Essi avevano dimensioni e peso più ridotti a Palermo (circa 80 cm e 13 Kg) e maggiori a Catania (circa 1,30 m e 30 Kg).

Per mezzo di particolari trucchi scenici, le rappresentazioni acquistavano una spiccata spettacolarità: tra di essi si ricordano l’inaspettata fuoriuscita del sangue dai pupi feriti o morenti, l’utilizzo di elaborati effetti che riproducevano fontane dalle quali talvolta zampillava sangue e la simulazione di città in fiamme.

I personaggi dell’Opera dei Pupi erano subito riconoscibili dallo spettatore per mezzo di costumi comicizzati e voci caratterizzanti.

Un re, infatti, era sempre vestito di un abito particolarmente ricco e sfarzoso e riconoscibile per la corona, che, se sormontata dalla croce, indicava il titolo di imperatore di Carlo Magno.

I cavalieri cristiani indossavano un’armatura completa, arricchita da gonnellino e mantello, ed avevano voce e volto quasi sempre gentili; i guerrieri saraceni erano invece subito riconoscibili dal tipico turbante, dalle mezzelune sulle armature, dai volti con grossi baffi e dalle voci spesso cupe e ingollate.

Bottega, Fonte originale: Camera di Commercio di Catania
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Le donne guerriere portavano armature con seni sbalzati e infine i Magonzesi, traditori cristiani, erano facilmente riconoscibili per il volto malefico, i baffi calati, gli abiti neri e le insegne piuttosto macabre sull’armatura, come il pipistrello.

Con tali caratteristiche, a partire da Palermo e Catania, l’Opera dei Pupi si diffuse in Sicilia a tal punto che sul finire del XIX sec. quasi tutte le città dell’isola vantavano compagnie di pupari locali.

L’interesse culturale dell’Opera dei Pupi si sviluppò in Europa durante il Romanticismo, toccando tappe di storia importanti specialmente in Francia, Inghilterra e Germania.

Durante gli anni Cinquanta iniziò un periodo di crisi dovuto all’affermarsi del cinema e alla diffusione della televisione: molte compagnie di pupari abbandonarono il loro antico mestiere.

Pupi, Fonte originale: Camera di Commercio di Catania
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A partire dagli anni Settanta, però, le poche sopravvissute famiglie di pupari siciliani, selezionando accuratamente il loro repertorio e innalzando ulteriormente il livello artistico delle loro rappresentazioni, riuscirono a salvare quello che rimaneva di questa antica arte siciliana ed a continuare la tradizione dei loro padri.

Al risveglio dell’arte dei pupi hanno sicuramente contribuito anche l’istituzione del Museo internazionale delle Marionette di Palermo, fondato nel 1975 e nel 2001 un importante riconoscimento dell’UNESCO: l’inserimento dell’Opera dei Pupi all’interno del patrimonio culturale dell’umanità.

"I Pupi"

I pupi da teatro sono alti 120 cm sino al cimiero e hanno un peso di circa 12 kg. 

Sono costruiti con ossatura base in legno di abete rivestito di paglia e ricoperto di tela di sacco. 

Il busto è unito agli arti e alla testa con anelli di ferro per simulare i movimenti del corpo umano e l’armatura è tutta di ottone.

Elmo in lamina, Fonte originale: Camera di Commercio di Catania
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La costruzione di un elmo in lamina

Il busto viene vestito (con o senza armatura) a seconda del personaggio che dovrà rappresentare nello spettacolo.

Pupi, Fonte originale: Camera di Commercio di Catania
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"L'Opera"

Nell’Opera dei Pupi siciliani, i “manianti” sono coloro che utilizzano le loro mani per trasmettere i movimenti ai pupi attraverso i ferri e il filo di manovra.

Rimangono nascosti al pubblico da “quinte”, cieli e fondali, stando sul ponte di animazione rialzato detto “u scannapoggiu”. 

I “parraturi” sono coloro che danno la voce ai personaggi, essi oltre ad improvvisare il dialogo drammatico, assumono il ruolo di regista dello spettacolo stesso.

Le voci assumono di volta in volta timbriche e tonalità diverse a seconda dei personaggi e della loro parte.

Le armature sono realizzate in ottone, rame o alpacca e interamente lavorate a sbalzo secondo regole tradizionali ereditate dagli antichi maestri ramaioli.

I costumi sono quelli tradizionali, guarniti di mantelli di re, frange e passamaniere, spesso dipinti e ricamati.

I manianti, Fonte originale: Camera di Commercio di Catania
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Riconoscimenti: storia

Curator—Camera di Commercio di Catania

Ringraziamenti: tutti i partner multimediali
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