"La Storia"
A Nove si produce ceramica da trecento anni: quest'attività artistica deve infatti la sua fortuna ad una congiunzione di fattori politici, economici ed ambientali che ne favorirono lo sviluppo.
Le più antiche ed illustri manifatture sono sorte lungo la Roggia Isacchina: un corso d'acqua che attraversa tutto il centro storico di Nove, sulle cui rive sorgono due importanti mulini, nati per la preparazione degli impasti ceramici.
La Repubblica Veneta e la città di Venezia, all’inizio del XVIII secolo, incentivarono la produzione della ceramica per limitare le importazioni e favorire le esportazioni. Nel 1732, Giovanni Battista Antonibon ottenne dal consiglio dei “Savi della Mercanzia” il privilegio di produrre maiolica di qualità per vent’anni senza doverne pagare le tasse.
Il fiume Brenta, che scorre ad est del centro abitato di Nove, ebbe un'importanza decisiva per la nascita della ceramica: dal fiume infatti scendevano su grandi zattere i tronchi degli alberi, che venivano raccolti, tagliati e distribuiti alle varie fabbriche per alimentare i forni. Un forno doveva funzionare per diversi giorni, alla temperatura di 900/1000 gradi circa per la maiolica e 1200 gradi per la porcellana.
Dal fiume inoltre si raccoglievano i sassi che venivano calcinati o pestati per ricavare il carbonato di calcio, la silice e il quarzo: materiali fondamentali per gli impasti ceramici.
Dall’Altopiano di Asiago veniva ricavato il gesso, dalle colline di Marostica, l’argilla, e dai Tretti il caolino, materiale necessario per la ceramica e soprattutto per la porcellana. Questi materiali, uniti ad altri, venivano lavorati presso gli antichi mulini, sorti sul territorio proprio a tale scopo.
Nella nuova fabbrica (ancora oggi attiva e gestita dalla famiglia Barettoni) Giovanni Battista Antonibon cominciò la produzione di pregevoli maioliche con i decori “Blu Delft”, e le prime composizioni floreali a fiori recisi. I colori utilizzati erano pochi: verde, viola, manganese, blu e giallo.
Nel 1739 e nel 1742 aprirono due negozi degli Antonibon rispettivamente a Venezia e Bassano del Grappa, e nel decennio 1744-1754 la ditta conobbe il suo massimo splendore grazie alla sua forza lavoro, che contava un centinaio di dipendenti, e all’apertura di altri nuovi negozi in varie città italiane. Venne incrementata inoltre l’esportazione in vari paesi europei e non solo, come la Germania, l’Austria e la Turchia.
Dal 1773 al 1782 la manifattura fu gestita da Giovanni Maria Baccin, che diede il via alla sperimentazione della produzione della terraglia: materiale ceramico sperimentato in Inghilterra, a Stafford dal 1725, che fu impiegato sopratutto per la produzione della suggestiva “ceramica popolare”.
Baccin costruì inoltre uno straordinario mulino per la produzione degli impasti, ancora oggi esistente a sud del centro storico ed ultimo esempio in Europa.
Dal 1782 Giovanni Battista Antonibon diede invece il via alla produzione della porcellana, grazie all’intervento del maestro Varion Jean Pierre, chiamato dalla fabbrica reale francese.
Dal 1802 al 1825 la gestione dei tre comparti della manifattura Antonibon (porcellana, maiolica e terraglia), passò a Giovanni Baroni che adeguò lo stile delle ceramiche al Neoclassicismo. In questo periodo nel Veneto nacquero nuove manifatture concorrenti: Sebellin a Vicenza e Fontebasso a Treviso.
A metà del secolo la produzione conobbe un periodo di crisi che favorì la nascita della suddetta “ceramica popolare” che darà il via a un nuovo genere decorativo: la manifattura Antonio Cecchetto, a partire dal 1859, cominciò infatti una fortunata produzione di ceramica con decorazioni popolari.
La produzione si caratterizzava per l'uso della più economica terraglia, per la decorazione veloce con l’uso di stampini in spugna e mascherine, e per la riproduzione di temi e figure popolari legate alla tradizione religiosa, ai miti popolari, alle stagioni, ai mesi ed ai lavori nei campi. Non mancavano decorazioni con soldati, damine, personaggi illustri, completate con scritte patriottiche e citazioni.
Nella seconda metà dell’800 nacquero a Nove nuove manifatture, come gli Agostinelli-Dal Prà, la manifattura Bernardi, la ditta Antonio Zen (ancora oggi ammirabile nella sua pregevole sede storica), oltre alle bassanesi Bonato, Passarin e le porcellane Luigi Fabris.
Dopo le due Guerre, anche la ceramica conobbe un felice periodo di produzione ed esportazione (soprattutto negli Stati Uniti ed in Germania), che vide protagoniste molte manifatture sorte sull'onda del progresso economico.
"La Ceramica"
A seconda del tipo di materiale che si vuole produrre, si utilizzano differenti composizioni di minerali, che vengono amalgamati in un impasto: la porcellana è composta da caolino e feldspato; la terraglia da argilla, carbonato di calcio, magnesio e quarzo.
Successivamente, la ceramica viene lavorata al tornio oppure allo stampo, per poi venir fatta essiccare.
Solo dopo essersi completamente asciugata, la ceramica viene cotta in appositi forni a diverse temperature, a seconda del tipo di materiale (porcellana a 1.250°-1.350°, terraglia a 980°-1000°).
Successivamente la ceramica viene decorata e poi immersa nella cristallina. Infine viene rimessa a cuocere per la seconda volta sempre alla stessa temperatura, con l’effetto finale dell’invetriatura.
Gli oggetti in porcellana decorati vengono sottoposti ad una terza cottura a 750 gradi, chiamata “piccolo fuoco”.
"Il Territorio"
Nove è conosciuta nel mondo come “La Città della Ceramica”, perché qui si produce ceramica da trecento anni.
Oggi la produzione verte principalmente su oggetti di uso comune o complementi di arredamento. Alcune manifatture storiche sono leader nella produzione di alta qualità, che riscontra successo soprattutto nei mercati internazionali.
Sul territorio sono anche presenti atelier di artigiani e artisti della ceramica, alcuni dei quali si sono affermati nel panorama della produzione artistica internazionale e, a partire dagli anni Cinquanta, hanno dato un importante contributo e prestigio alla produzione artistica contemporanea.
La citta di Nove ha voluto aprire, a testimonianza della più importante tradizione locale, il Museo della Ceramica. Inaugurato nell'aprile del 1995 è stato ricavato nell'elegante sede di Palazzo De Fabris, che fino a qualche anno fa ospitava il locale Istituto d'Arte per la Ceramica.
Ogni anno ha luogo la “Festa della Ceramica/Portoni aperti”: una mostra-mercato che si svolge a settembre nella Piazza De Fabris, con un centinaio di espositori provenienti dalle città della ceramica italiane, francesi, tedesche, austriache, croate, slovene e da altre nazioni europee. Portoni Aperti è un'occasione per conoscere gli artisti e le loro opere, e per provare e imparare in prima persona i segreti del “fare ceramica”.
Curator—Camera di Commercio di Vicenza