"La Storia"
Le origini della zampogna si perdono nella notte dei tempi: già in epoca preistorica vi sono testimonianze di strumenti a fiato in canna dotate di fori e ance per la modulazione del suono.
Dal terzo millennio a.C. nell’area mediterranea si diffonde la presenza di simili flauti nei diversi villaggi, mentre coppie di tubi ad ancia erano diffusi negli ambienti urbani e conosciuti come “auloi” presso i Greci e “tibiae” presso i Romani.
A Tarquinia, in una tomba etrusca del V secolo a.C., è rappresentato un suonatore di aulos.
Lo storico Svetonio ricorda che Nerone si dilettava nel suonare alcuni strumenti, tra cui uno in particolare realizzato con canne inserite in un otre chiamato “utriculus” (zampogna).
L’evoluzione dello strumento ebbe inizio nel Medioevo e si consolidò durante il Rinascimento per consacrarsi strumento di musica popolare per l’esecuzione della melodia supportata da un semplice intreccio armonico.
Scapoli, comune in provincia di Isernia, ha ereditato dai borghi del versante laziale-ciociaro dei monti delle Mainarde il sapere e le tecniche di costruzione dello strumento.
Oggi rimane l’unica area in Italia con una forte e qualificata produzione di zampogne.
I maestri artigiani perpetuano, tra le contrade di Fontecostanza e il borgo storico, la tradizione della realizzazione della zampogna molisana e custodiscono gelosamente i segreti di tecniche antichissime.
Domenica del Corriere 1913: illustrazione di uno zampognaro
"La Zampogna"
A Scapoli si creano due tipi di zampogne: quella “con chiave” e “la zoppa”.
La zampogna “con chiave” presenta due chanter di differente lunghezza, due bordoni di cui il primo più lungo produce il suono, mentre il secondo è muto, e ance doppie su tutte le canne sonanti.
I legni utilizzati sono il ciliegio per le campane e l’ulivo per il chanter e il bordone; raramente vengono usati l’acero, il pruno, il mandorlo, il bosso e i legni esotici.
Per l’otre, sacca che immagazzina l’aria, si usano oggi camere d’aria di automobili rivestite in finto vello.
Gli strumenti sono costruiti in differenti grandezze: i più diffusi sono la zampogna 25 e la 28 alle quali corrispondono differenti tonalità e spesso suonano in coppia con la ciaramella.
La zampogna “zoppa” si differenzia per l’assenza della chiave e per il chanter maggiore più corto.
"La Produzione"
La costruzione delle zampogne segue i metodi e le tecniche consolidate e consegnate da più di un secolo alle nuove generazioni dai maestri d’arte.
Dopo la selezione e stagionatura naturale dei legni di ulivo e ciliegio si dà forma ai differenti pezzi che andranno a comporre lo strumento tramite l’utilizzo di torni e di semplici utensili di falegnameria.
Viene realizzata la testata, i due chanter, i bordoni e successivamente si passa alla fase di sgrossatura, levigatura, rifinitura e lucidatura.
Si procede infine alla preparazione dell’otre, delle ance doppie, all’assemblaggio delle parti e infine all’intonazione dello strumento.
Uno zampognaro durante l'annuale "Festival della zampogna"
"Il Territorio"
ll comune di Scapoli, in provincia di Isernia, si presenta al visitatore ai piedi del massiccio delle Mainarde con una mirabile veduta sulla valle del Volturno.
Il borgo, costituito da vicoli e piazzette, fondato dai monaci di San Vincenzo al Volturno sul finire del X secolo, è caratterizzato tra l’altro dal cammino di ronda, una passeggiata lungo il perimetro della fortificazione longobarda che circoscrive il centro storico.
In questi luoghi i suoni delle zampogne, i maestri artigiani costruttori e una mirata promozione del territorio da parte delle istituzioni hanno creato valore aggiunto per il territorio in termini economici, culturali e turistici.
Il Museo Internazionale della Zampogna rappresenta la memoria storica della zampogna molisana e di aerofoni provenienti da tutto il mondo. Qui infatti è possibile ammirare zampogne di ogni luogo e ogni epoca, strumenti a fiato di rara bellezza e consultare documentazione iconografica, letteraria e foto d'epoca.
Curator—Camera di Commercio di Isernia
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