La Veduta della Catena - Firenze e i suoi monumenti

Veduta della catena (1887) di Francesco Petrini e Raffaello PetriniPalazzo Vecchio Museum

La celebre Veduta della Catena esposta in Palazzo Vecchio, nella sezione Tracce di Firenze, è una riproduzione pittorica ottocentesca di spettacolari dimensioni di una xilografia del Kupferstichkabinett di Berlino, a sua volta tratta da un prototipo quattrocentesco riferito a Francesco Rosselli e così detta per la catena col lucchetto che la circonda.

La veduta, fonte di primaria importanza per la conoscenza dell’assetto urbano di Firenze nella seconda metà del Quattrocento, è il primo esemplare noto nella storia della topografia che ritragga dettagliatamente tutta la città con i suoi edifici e la sua fitta rete viaria. A dispetto della data iscritta sul dipinto ottocentesco (Firenze verso l’anno 1490), il modello di questa veduta risulta databile fra il 1471, per la presenza della “palla” sulla cupola della ca ttedrale di Santa Maria del Fiore e del completamento della facciata della basilica di Santa Maria Novella, e il 1482 per l'assenza della cupola della basilica di Santo Spirito. L’artista ritratto di spalle in primo piano a destra, nell’atto di delineare sul foglio le mura urbane, consente di stabilire il punto di vista con cui la veduta a ‘volo d’uccello’ è stata eseguita, situato a nord-ovest della città, in corrispondenza del campanile della chiesa di Monte Oliveto.

Pur essendo impostata secondo criteri di oggettività topografica e con moderni intenti di verosimiglianza prospettica, la rappresentazione del tessuto urbano appare leggermente alterata dalle modifiche introdotte dall’autore per porre al centro la grande cupola della cattedrale, fulcro simbolico della città, e mostrare i prospetti principali degli edifici più importanti.

“LA CUPOLA”

La Cattedrale di Santa Maria del Fiore, in origine dedicata a Santa Repata, è il simbolo di Firenze, con la sua cupola “erta sopra e' cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e popoli toscani”. La costruzione della basilica odierna viene avviata nel 1296 sotto la direzione di Arnolfo di Cambio e il cantiere, che include il nuovo Campanile, su progetto di Giotto, prosegue a fasi alterne fra Trecento e Quattrocento. Al 1420 risale la commissione della cupola, che Filippo Brunelleschi concepisce con una doppia calotta autoportante. Il 25 marzo 1436, nell’occasione del Capodanno fiorentino, Santa Maria del Fiore viene consacrata da Papa Eugenio IV. La facciata, rimasta incompiuta, viene realizzata nell’Ottocento in stile neogotico dall’architetto Emilio De Fabris. All’interno si segnalano i monumenti equestri dei condottieri Giovanni Acuto e Niccolò da Tolentino, affrescati da Paolo Uccello e Andrea del Castagno, e il Giudizio Universale che decora l’interno della cupola, opera di Giorgio Vasari e Federico Zuccari. Molte opere un tempo conservate nella Cattedrale, fra le quali la nota Pietà di Michelangelo, sono oggi esposte nel Museo dell’Opera del Duomo.

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Veduta della catena (1887) di Francesco Petrini e Raffaello PetriniPalazzo Vecchio Museum

“S GIOVAN(N)I”

Il Battistero, dedicato a San Giovanni Battista patrono di Firenze, sorge sui resti di un edificio di epoca romana che secondo la tradizione sarebbe un tempio del dio Marte. Viene consacrato nel 1059 da Papa Niccolò II e nei due secoli successivi ne viene completata la decorazione sotto il patronato dell’Arte di Calimala. L’edificio è a pianta ottagonale con forme geometriche lineari, semplice ed elegante nella sua bicromia di marmi bianchi di Luni e verdi di Prato. Le tre porte bronzee sono di Andrea Pisano e Lorenzo Ghiberti, a cui si deve l’ultima e più celebre Porta del del Paradiso. All’interno si distinguono il ricco pavimento intarsiato e la meravigliosa decorazione a mosaico dell’abside e della cupola, opera di Jacopo Torriti, Coppo di Marcovaldo e Cimabue.

Veduta della catena (1887) di Francesco Petrini e Raffaello PetriniPalazzo Vecchio Museum

“PALAZZO DEI SIGNORI”

L’edificio comincia ad essere costruito nel 1299 per ospitare i Priori delle Arti e il Gonfaloniere di Giustizia. Il nucleo originario, attribuito ad Arnolfo di Cambio, si presenta con una severa struttura quadrangolare in bugnato di pietra forte, con elementi difensivi quali l’alta torre, il camminamento di ronda e le merlature. Nel corso dei secoli il palazzo conosce numerose modifiche e assume diverse denominazioni. Chiamato in origine Palazzo dei Priori, e poi Palazzo della Signoria, diviene il Palazzo Ducale quando alla metà del Cinquecento il duca Cosimo I de’ Medici vi trasferisce la sua residenza e un gruppo di artisti diretti da Giorgio Vasari lo trasforma in una sontuosa reggia. Quando Cosimo si sposta con la sua corte nella nuova reggia di Palazzo Pitti, alla fine del Cinquecento, l’edificio viene denominato Palazzo Vecchio.

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Durante gli anni di Firenze capitale del Regno d’Italia il palazzo ospita la Camera dei Deputati e il Ministero degli Affari Esteri. Oggi è sede del Comune di Firenze e un museo che consente di ripercorrere la storia del palazzo attraverso le testimonianze impresse nella struttura e negli apparati decorativi dei suoi quartieri monumentali. Tra le opere principali si segnalano la Giuditta di Donatello, le pitture di Bronzino nella Cappella di Eleonora e i fastosi ornamenti del Salone dei Cinquecento, dove si trova anche il celebre Genio della Vittoria di Michelangelo.

Veduta della catena (1887) di Francesco Petrini e Raffaello PetriniPalazzo Vecchio Museum

“C.D.M LUCA PITTI”

Palazzo Pitti viene edificato per la famiglia Pitti, secondo un progetto di Filippo Brunelleschi realizzato dal suo allievo Luca Fancelli: la struttura è compatta, a due piani, in bugnato di pietra forte. Nel 1549 viene acquistato da Cosimo I de’ Medici e dalla moglie Eleonora di Toledo per diventare la loro nuova residenza. Bartolomeo Ammannati ha il compito di ampliare il palazzo per trasformarlo in una reggia ducale – fra gli interventi si ricorda la realizzazione del grandioso cortile di accesso – mentre sulla collina retrostante si sviluppa il Giardino di Boboli, su progetto di Niccolò Tribolo, elegante e fantasioso esempio di parco all’italiana costellato di sculture in dialogo con la natura e con il paesaggio. Le modifiche continuano a varie riprese fino al 1783.

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“S. LORENZO”

La basilica di San Lorenzo è una delle chiese più antiche di Firenze, consacrata nel 393 da Sant’Ambrogio e dedicata al martire Lorenzo. Viene rinnovata radicalmente nel Quattrocento sotto il patronato della famiglia Medici, che affida a Filippo Brunelleschi il progetto: l’architetto adotta un modulo regolare di undici braccia fiorentine, sia in pianta sia in alzato, che permette di sviluppare una scansione ritmica e misurata degli spazi. La basilica ospita le sepolture della famiglia Medici, a cominciare da quella del capostipite Giovanni di Bicci nella Sagrestia Vecchia. Fra il Cinquecento e il Seicento il complesso viene ampliato con la costruzione dalla Biblioteca Medicea Laurenziana, su progetto di Michelangelo, e delle Cappelle Medicee costituite dalla michelangiolesca Sagrestia Nuova e dalla sontuosa Cappella dei Principi. A Michelangelo si deve anche un progetto per la facciata della basilica, che tuttavia è rimasta incompiuta, in pietra grezza.

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“S. BASTIANO. GLINNOCENTI”

Situato in piazza Santissima Annunziata, lo Spedale degli Innocenti nasce come luogo deputato ad accogliere gli orfani, assicurandone il ricovero, la cura e l’educazione. I bambini abbandonati venivano deposti su una “ruota”, ovvero una pietra girevole ancora presente all’inizio della loggia. Il progetto dell’ospedale si deve a Filippo Brunelleschi, che ricevette l’incarico nel 1429 dall’Arte della Seta, patrona del complesso. Testimonianza saliente dello stile del maestro è l’elegante portico sulla piazza, incentrato su rapporti proporzionali e geometrici, che nel tardo Quattrocento viene decorato da Andrea della Robbia con una serie di tondi in terracotta invetriata raffiguranti putti in fasce. L’ospedale entra in funzione nel 1445 e ancora oggi ospita oltre al Museo degli Innocenti, una serie di strutture dedicate all’istruzione e all’accoglienza.

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Veduta della catena (1887) di Francesco Petrini e Raffaello PetriniPalazzo Vecchio Museum

“S MINIATO”

La presenza di una chiesa dedicata a san Miniato martire è documentata sin dall’VIII secolo, ma l’edificazione della struttura attuale viene avviata nell’XI secolo, su impulso del vescovo Ildebrando, per terminare nel 1207. La basilica di San Miniato al Monte, che sorge su una collina a sud-est della città, è uno degli esempi più alti dell’architettura romanica in Italia: la facciata (su cui troneggia il simbolo dell’Arte di Calimala, patrona della chiesa dalla fine del Duecento) propone l’elegante e geometrica bicromia fra marmi bianchi e verdi (non visibile nel particolare della Veduta della Catena), al pari dell’interno che evidenzia un rigoroso equilibrio di proporzioni e un’articolazione dello spazio su tre livelli, con il presbiterio sopraelevato e la cripta seminterrata. Si segnalano il fantasioso pavimento a intarsi marmorei, con motivi vegetali e zoomorfi, la rinascimentale cappella del cardinale del Portogallo e la sagrestia, con un ciclo di affreschi raffiguranti le Storie di San Benedetto (al cui ordine è in origine affidata la chiesa), di mano di Spinello Aretino.

“LA NUCIATA”

La basilica della Santissima Annunziata, fondata nel 1250 dall’Ordine dei Servi di Maria, è dedicata alla Vergine ed è il principale santuario mariano di Firenze. La costruzione primitiva, dalle linee molto semplici, viene rinnovata nel Quattrocento con i contributi di Michelozzo e di Leon Battista Alberti. I lavori proseguono nei primi decenni del secolo successivo, con l’intervento di celebri artisti, come gli autori degli affreschi Chiostro dei Voti antistante la chiesa – fra cui Andrea del Sarto, Jacopo Carucci detto il Pontormo e Rosso Fiorentino– per giungere alla nuova consacrazione della basilica, avvenuta nel 1516. All’interno, dove gli apparati decorativi di maggiore impatto visivo sono quelli realizzati fra Sei e Settecento, si segnala la Cappella dell’Annunziata, costruita negli anni Quaranta del Quattrocento su disegno di Michelozzo per custodire l’immagine dell’Annunciazione, oggetto di fervente devozione, con un baldacchino di epoca barocca.

Chiesa e convento di San Marco

La chiesa è parte del convento di San Marco, fondato su un primitivo monastero dei Silvestrini e affidato nel 1435 all’ordine dei Domenicani da Papa Eugenio IV. Due anni dopo, su iniziativa di Cosimo il Vecchio, capostipite della dinastia dei Medici, sostenitore del vicario dell’ordine Antonino Pierozzi, viene avviata la ristrutturazione del complesso: i lavori sono affidati a Michelozzo, mentre la decorazione ad affresco viene eseguita da fra’ Giovanni da Fiesole, poi detto Beato Angelico, e dai suoi collaboratori. La chiesa è consacrata la notte dell’Epifania dell’anno 1443, alla presenza del papa. Alla fine del Cinquecento e nel secolo successivo subisce numerose modifiche, in seguito ai dettami della Controriforma; la facciata è invece settecentesca, in stile neoclassico. Tra i frati illustri del convento si ricorda Girolamo Savonarola, poi divenuto priore: qui tuonavano le sue invettive contro la decadenza dei costumi. Oggi l’ex convento di San Marco ospita l’omonimo museo.

“PORTA S. NICOLO’”

La porta, dedicata al santo patrono del rione, San Nicola di Bari, viene costruita nel 1324 su probabile disegno di Andrea di Cione detto Orcagna. E’ una delle porte-torri di accesso alla città nel circuito delle mura cittadine, la cui edificazione fu avviata nel 1284 sotto la direzione di Arnolfo di Cambio per concludersi solo nel 1333. La torre costituita uno dei capisaldi difensivi verso est, insieme alla Torre della Zecca sul lato opposto del fiume. Non venne ribassata nel Cinquecento, a differenza di tutte le altre porte della città (le alte strutture medievali erano diventate bersagli facili per le artiglierie), in quanto la collina di San Miniato le offriva una naturale protezione: oggi è quindi l’unica porta fiorentina che conservi l’altezza originaria.

“S. CROCE”

Il progetto per la grandiosa basilica francescana di Santa Croce è attribuito ad Arnolfo di Cambio, anche se i lavori proseguono oltre la sua morte, fin verso la fine del Trecento e la consacrazione avviene solo nel 1443 con il Papa Eugenio IV. La facciata viene invece realizzata a metà Ottocento da Nicolò Matas, in stile neogotico. L’interno è ricchissimo di capolavori: si segnalano il Crocifisso ligneo di Donatello e gli splendidi cicli di affreschi di mano di Giotto nelle cappelle Bardi e Peruzzi. Del suo discepolo Agnolo Gaddi sono gli affreschi della cappella maggiore con le Storie della Leggenda della vera Croce, cui si deve l’intitolazione della chiesa. Nell’Ottocento la fama della basilica si lega agli uomini illustri della politica, dell’arte, della musica e della letteratura che vi sono sepolti. Ugo Foscolo, morto in Inghilterra, esprime il desiderio di essere inumato in Santa Croce accanto ai monumenti qui eretti alla memoria di personaggi come Michelangelo e Galileo; a questi si aggiungono quelli di Gioacchino Rossini, Leon Battista Alberti, Vittorio Alfieri, per citare solo alcuni esempi, e la basilica diviene un “Tempio dell’Itale glorie”.

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Veduta della catena (1887) di Francesco Petrini e Raffaello PetriniPalazzo Vecchio Museum

“PONTE VECHIO”

Uno dei simboli della città di Firenze, Ponte Vecchio attraversa il fiume Arno nel suo punto più stretto; non è un caso che già nella Florentia romana il passaggio del fiume fosse stato concepito all’incirca a questa altezza. Nel corso dei secoli il ponte viene ripetutamente danneggiato e distrutto a causa delle piene del fiume: una delle più violente è quella del 1333, a seguito della quale il ponte viene ricostruito con tre solide arcate da Neri di Fioravante (o Taddeo Gaddi, secondo Vasari). Nel 1442 le autorità cittadine decidono di trasferirvi le botteghe dei macellai e dei verdurai, che nel tempo vi aggiungono piccole costruzioni aggettanti sul fiume. Alla fine del Cinquecento – dopo la realizzazione del cosiddetto Corridoio vasariano che Giorgio Vasari erige su commissione di Cosimo I de’ Medici per collegare Palazzo Vecchio con Palazzo Pitti e che passa sopra al ponte – a causa degli odori sgradevoli provenienti dalle botteghe, queste vengono destinate agli orafi e argentieri.

“CASA DEL M.C. LO MEDICI”

La costruzione del palazzo dei Medici, come residenza cittadina della famiglia, viene affidata da Cosimo il Vecchio a Michelozzo, suo architetto di fiducia. I lavori iniziano nel 1444 e terminano nel 1462: la facciata, scandita da bifore, è in pietra forte e presenta un rivestimento “a scalare”: bugnato in rilievo al piano terreno, bozze squadrate al primo piano, partitura liscia al secondo, per un graduale alleggerimento dei volumi. All’interno si segnala la raffinatissima Cappella dei Magi, che nel racconto sacro affrescato da Benozzo Gozzoli mostra una sfilata dei maggiori personaggi della famiglia Medici. Nel 1540 Cosimo I de’ Medici trasferisce la propria residenza in Palazzo Vecchio da dove successivamente passa nella nuova reggia ducale di Palazzo Pitti. L’antica dimora medicea nel 1659 viene acquistato dalla famiglia Riccardi, committente di nuovi lavori di ampliamenti diretti da Giovan Battista Foggini, e per questo oggi è nota con il nome di Palazzo Medici Riccardi.

“IL CARMINO”

La chiesa di Santa Maria del Carmine è parte del convento dei frati dell’ordine carmelitano; è infatti dedicata alla Beata Vergine del Carmelo. La costruzione viene avviata nel 1268, come mostrano le tracce romanico-gotiche visibili sui fianchi, per concludersi nel 1476. Le trasformazioni proseguono nei secoli successivi fino al 1771, quando i danni prodotti da un devastante incendio rendono necessario un radicale rifacimento della chiesa. Si salva miracolosamente la cappella Brancacci, all’estremità del transetto destro, che conserva il celebre ciclo di affreschi con le Storie di San Pietro dipinto da Masolino e Masaccio e completato da Filippino Lippi. Siamo negli anni venti del Quattrocento, committente è Felice Brancacci, influente protagonista della vita politica fiorentina: l’esito è un capolavoro della pittura rinascimentale, studiato e ammirato dalle generazioni dei maggiori artisti fiorentini: lo stesso Michelangelo eseguirà copie di alcuni particolari del ciclo.

“ORTO S. MICHELE”

Il nome ricorda la presenza di un monastero con terreni a orto, su cui si innesta nell’VIII secolo una piccola chiesa dedicata a San Michele arcangelo, San Michele in Orto (Orsanmichele). Alla fine del Duecento viene sostituita da una loggia di mercato del grano, ricostruita e rinnovata nel secolo successivo: ai piani superiori le riserve di grano, al piano terreno una chiesa nuovamente intitolata a San Michele, rappresentativa delle Arti fiorentine. Nei tabernacoli esterni sfilano infatti i santi patroni delle corporazioni, scolpiti dai più importanti artisti del tempo, fra i quali Lorenzo Ghiberti, Donatello e Nanni di Banco. All’interno della chiesa, che mostra in modo evidente l’originaria funzione di loggia, spicca il maestoso tabernacolo con intarsi marmorei di Andrea di Cione detto Orcagna.

“LA LOG(I)A D S SIGNORI”

L’ampia loggia, detta della Signoria, dell’Orcagna o dei Lanzi venne edificata da Benci di Cione e Simone Talenti fra il 1376 e il 1382 in piazza della Signoria, a lato del Palazzo dei Priori (oggi detto Palazzo Vecchio) per ospitare al coperto le assemblee e cerimonie pubbliche del governo cittadino. La sua costruzione è stato a lungo erroneamente attribuito ad Andrea di Cione, detto Orcagna. Il nome di Loggia dei Lanzi le deriva invece dai soldati mercenari tedeschi, detti lanzichenecchi che facevano parte del corpo di guardia di Cosimo I de’ Medici qui alloggiato o forse da quelli che vi si accamparono nel 1527, di passaggio verso Roma per il noto Sacco di quella città. Presenta una struttura con tre ampie arcate a tutto sesto ed è un “museo a cielo aperto”: tra le numerose sculture che vi si possono ammirare, il Perseo di Benvenuto Cellini e il
Ratto delle Sabine del Giambologna.

“S. SPRITO”

Una chiesa più piccola dell’attuale è attestata in questo luogo dell’Oltrarno, quale insediamento dell’ordine agostiniano, già nel tardo Duecento. L’odierna basilica risale al Quattrocento. Viene costruita su progetto di Filippo Brunelleschi, in gran parte dopo la sua morte, e consacrata nel 1481. La facciata, dall’elegante profilo curvilineo, rimane incompiuta e viene intonacata nel Settecento, mentre l’interno mostra in modo evidente le caratteristiche del progetto brunelleschiano: l’articolazione armonica, razionale e vivace dei volumi; la presenza di un modulo regolare di campata assunto a canone; le membrature in pietra serena che scandiscono gli spazi in contrasto con il colore chiaro degli intonaci. Gli altari della chiesa conservano pregevoli dipinti, dal XIV al XVIII secolo, tra i quali la Pala Nerli di Filippino Lippi. Nella sacrestia si può ammirare il celebre Crocifisso ligneo scolpito da Michelangelo, in segno di riconoscenza per l’ospitalità ricevuta in quel convento per i suoi studi di anatomia. A fianco della chiesa, il refettorio trecentesco del convento, decorato da un imponente affresco di Andrea di Cione detto Orcagna, ospita oggi il museo denominato Fondazione Salvatore Romano in memoria del donatore della raccolta di opere medievali e rinascimentali qui esposta.

“PONTE A S. TRINITA”

Il ponte sull’Arno – il cui nome deriva dalla vicina basilica di Santa Trinita – viene costruito in legno nel 1252, sotto il patrocinio della famiglia Frescobaldi. Crollato nel 1259, viene riedificato in pietra, ma anche con una struttura più solida non resiste all’alluvione del 1333, che risparmia solo il Ponte alle Grazie. La ricostruzione avviene lentamente e si protrae fino all’inizio del Quattrocento. Distrutto nuovamente da una piena nel 1557, viene riedificato in pietra forte da Bartolomeo Ammannati su commissione di Cosimo I de’ Medici: la linea delle tre arcate, estremamente valida dal punto di vista statico e anticipatrice di stilemi barocchi, si deve in parte a suggerimenti di Michelangelo. Le statue poste agli angoli rappresentano le allegorie delle quattro stagioni e vi vengono collocate nel 1608 in occasione delle nozze di Cosimo II de’ Medici e Maria Maddalena d’Austria. Il ponte viene distrutto durante la seconda guerra mondiale, ma in seguito ricostruito fedelmente con le forme e i materiali antichi.

“S. TRINITA”

La basilica di Santa Trinita – edificata in forme modeste nell’XI secolo come primo nucleo del convento dei monaci benedettini di Vallombrosa (all’interno della chiesa si conservano le reliquie di fra’ Giovanni Gualberto, fondatore dell’ordine) – viene rinnovata nel corso del Trecento in stile gotico. Con la crescita del prestigio dell’ordine viene ampliata e ornata da capolavori: basti ricordare gli affreschi con Storie di San Francesco e la tavola dell’Adorazione dei Magi di Domenico Ghirlandaio nella Cappella Sassetti, ma anche la Madonna con Bambino di Cimabue o l’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano oggi conservate nella Galleria degli Uffizi. Nell’ambito degli interventi di adeguamento alle direttive della Controriforma i frati incaricano Bernardo Buontalenti di rinnovare il presbiterio, con la realizzazione di un imponente altare centrale, e di ricostruire il convento. A lui si deve anche la facciata, un raffinato esempio di stile tardo-manierista, con sculture di Giovanni Caccini.

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Veduta della catena (1887) di Francesco Petrini e Raffaello PetriniPalazzo Vecchio Museum

“S. MARIA NOVELLA”

Nel 1219 giunge a Firenze una delegazione di dodici frati dell’Ordine Domenicano che si insedia in città e ottiene qualche anno dopo la piccola chiesa di Santa Maria delle Vigne, subito fuori dalle mura cittadine. Dalla seconda metà del Duecento si avviano i lavori di costruzione della nuova chiesa, che si concludono nel secolo successivo. La consacrazione ufficiale della basilica di Santa Maria Novella avviene però nel 1420, alla presenza di Papa Martino V. La facciata, realizzata solo nel registro inferiore, viene ultimata nel 1470 da Leon Battista Alberti su incarico della famiglia Rucellai: si tratta di uno dei capolavori del Rinascimento fiorentino. Nella seconda metà del Cinquecento Giorgio Vasari, su incarico di Cosimo I de’ Medici, rimaneggia l’impianto gotico dell’interno in conformità ai precetti della Contro riforma, rimuovendo il tramezzo che separava la zona riservata ai religiosi da quella destinata ai fedeli e ricostruendo gli altari laterali. Fra i numerosi capolavori artistici della chiesa si segnalano la Croce di Giotto e il Crocifisso di Brunelleschi, la Trinità di Masaccio, la cappella maggiore affrescata con Storie di Maria e Storie di San Giovanni Battista da Domenico Ghirlandaio su commissione della famiglia Tornabuoni. Nel convento si ricordano le Storie della Genesi affrescate nel Chiostro Verde da Paolo Uccello e altri maestri e il Cappellone degli Spagnoli, decorato da un grandioso ciclo di affreschi di Andrea di Buonaiuto.

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In alcuni casi, la storia potrebbe essere stata realizzata da una terza parte indipendente; pertanto, potrebbe non sempre rappresentare la politica delle istituzioni (elencate di seguito) che hanno fornito i contenuti.
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