Il Cardinal Decano

The Dean of the College of Cardinals (1930/1930) di ScipioneGalleria d'Arte Moderna

Il Cardinal Decano (1930) è un dipinto di Gino Bonichi, artista meglio conosciuto con lo pseudonimo di Scipione.
Scipione è stato uno degli autori più significativi del secolo appena trascorso; protagonista indiscusso della “Scuola Romana”, morì giovanissimo a 29 anni, stroncato da una tubercolosi nel 1933.

Il reale soggetto del dipinto non è il Decano del collegio cardinalizio, ma Roma e la cristianità anche se, ad ispirare l’artista, non è la Roma trionfante bensì quella oscura e decadente a lui contemporanea simboleggiata dalla figura del prelato proposta in chiave simbolico-espressionista.

Il Cardinale Vincenzo Vannutelli è seduto su un trono sullo sfondo di una Piazza San Pietro animata da cinque angeli che muovono le ali sul colonnato, dall’obelisco, dall’orologio e, ancora più arretrata, dalla grande cupola michelangiolesca.

Per l’anziano cardinale in primo piano, ritratto più volte dall’artista, è possibile che Scipione si sia avvalso di una fotografia del novantaquattrenne prelato ma, nel passaggio dall’immagine fotografica al quadro, l’artista snatura i tratti somatici del volto, eliminandone le ombre, e deforma le mani evidenziandone l’ossatura.

Attraverso questa figura Scipione vuole rappresentare non la Roma gloriosa di un passato scomparso, ma la Roma opulenta e oscura del suo tempo, con implicito riferimento al cristianesimo che, perduta la spinta iniziale, è diventato avido di potere come mostrano l’anello e le vesti del cardinale.

I segni tangibili della degenerazione fisica e morale sono evidenti nel disfacimento del corpo, in particolar modo nelle mani lunghissime e scheletriche come richiami alla morte che già lo avviluppa.

La figura del cardinale è inserita in un ambiente avvampato da una “fiammata rossa che investe ogni cosa”. Tinte cupe, dal tratto nervoso e surreale richiamano Tiziano, Velázquez, El Greco e Goya senza dimenticare la lezione di Caravaggio.

La sproporzione delle architetture insieme all’assenza di volume enfatizza il senso di irrealtà della composizione, a cui non si sottraggono neppure le figure spettrali e fantasmagoriche dei santi.

Numerosi sono i riferimenti simbolico-allegorici attinti dall’iconografia cristiana e dall’Apocalisse di San Giovanni: l’angelo dietro il trono, messaggero della volontà divina;

Una grande chiave, emblema di San Pietro e un dado tirato sul numero tre, attributo alla Passione di Cristo.

La colomba dello Spirito Santo, simbolo di castità e una fontana, immagine di salvezza e di vita spirituale.

Riconoscimenti: storia

Arianna Angelelli, curator
Galleria d'Arte Moderna di Roma

Ringraziamenti: tutti i partner multimediali
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