"La Storia"
Il Salento, estremo lembo della Puglia proteso verso l’Oriente, ha visto il passaggio nel corso dei secoli di popoli che hanno lasciato ovunque traccia di sé, imprimendo nella pietra leccese i segni del loro passaggio.
Su di essa hanno scolpito la loro storia, edificando dolmen e menhir, fortificazioni e templi, ma anche abitazioni, ville, monumenti e chiese.
Un corredo confezionato con un materiale lapideo, la pietra leccese appunto, che ogni centro del territorio salentino dispone per l’ammirazione e l’attenzione dei visitatori che rimangono incantati dall’esplosione decorativa resa possibile grazie alla malleabilità di questa pietra, alla sua possibilità d’intaglio e alla caratteristica capacità di indurirsi col tempo e assumere quella tonalità calda simile al miele.
Particolare delle decorazioni tipiche del Barocco leccese
La pietra leccese è capace di mantenere una compostezza classica anche nel trionfo dell’artificio, come nelle forme elaborate e festose di fiori, frutta e putti danzanti.
Grazie alla sua grande duttilità, le decorazioni di altari, frontoni, colonne e architravi hanno raggiunto livelli di fine oreficeria.
Il motivo principale grazie al quale sono tuttora visibili testimonianze secolari è che la pietra leccese ha una singolare e fantastica caratteristica: è tenera e docile alla lavorazione quando viene estratta dalle cave, ma esposta all’aria e agli agenti atmosferici essa diventa dura e resistente, così che il formidabile patrimonio del barocco leccese è giunto intatto ai giorni nostri.
Col tempo presero piede tecniche costruttive particolari e fantasiose basate sull'uso di questi materiali. Nacquero così le volte leccesi e le tecniche costruttive fra le più conosciute: la volta “a spigolo”, quella “a botte” e la volta “a stella”.
Da quel momento le case salentine acquistarono un pregio in più, dovuto non tanto e non solo all'originalità e bellezza di dette volte, quanto alla loro utilità: le case con le volte a stella o a spigolo sono decisamente più calde d'inverno e più fresche d'estate. Il merito è della pietra e della particolare conformazione del soffitto che diffonde il calore in modo più uniforme non disperdendolo.
Si racconta che ogni volta la casa portasse la firma del suo costruttore. Difatti era abbastanza agevole riscontrare in ogni volta realizzata la personale tecnica utilizzata, e così ognuno sapeva chi aveva costruito una determinata casa, solo e semplicemente alzando lo sguardo verso il soffitto.
Durante i lavori il proprietario dell'immobile usava consegnare l'immagine di un Santo al costruttore, il quale lo seppelliva nelle fondamenta della casa oppure lo posizionava sulla sommità della volta, in segno di buon auspicio e di buon augurio.
"La Pietra"
La pietra leccese, nelle varietà nettamente differenziate per struttura e colore nonché per le caratteristiche fisico-chimiche da cui dipendono i diversi utilizzi, giace nelle tajate (cave) da dove centinaia di generazioni di cosiddetti “zoccaturi” (tagliapietre) l’hanno estratta portandola alla luce in superficie.
La pietra leccese ha origini antiche risalenti al Miocene, periodo dell’era del terziario durato da 23 a 17 milioni di anni fa: origini remote testimoniate dalla presenza di numerosi frammenti fossili che a volte sono conservati quasi integralmente.
Antico strumento di taglio utilizzato nelle cave di pietra
La pietra leccese viene considerata oggi materiale di pregio non più solo per l’edilizia ma soprattutto per l’architettura.
Questo materiale continua a dimostrare le sue multiformi possibilità di applicazioni diventando protagonista di interventi di utilizzazione e di restauri su edifici.
Moderni strumenti di estrazione
"Il Leccese"
La pietra leccese affiora naturalmente dal terreno e si connota per una particolarità: i suoi affioramenti sono esclusivi della provincia di Lecce, nella sola parte media e meridionale della penisola salentina sul versante adriatico; su quello ionico gli affioramenti sono piuttosto sporadici e lasciano il posto ai cosiddetti tufi.
Un primo banco di pietra leccese è quello di Lecce, che ha dato il nome alla roccia, dove prevale la variante tenera e omogenea; un secondo bacino, in cui predomina la variante tenera e igroscopica, si estende da Vernole e comprende i territori di Acaja, Strudà, Acquarica e Vanze e parte di quello di Melendugno.
Il terzo, in cui predomina la variante semidura, è compreso tra i Comuni San Donato, Soleto e Martignano e le cave si trovano nei comuni di Galugnano, Caprarica e Martano.
Il quarto bacino si estende nei territori di Zollino, Martano, Castrignano dei Greci, Melpignano, Cursi e Maglie, zona in cui viene estratta la cosiddetta “pietra di Cursi”.
"Usanze"
Nel Salento, nella zona del “Capo”, non è scomparsa del tutto la consuetudine di comunicare tramite le pietre. Quando un contadino è stato vittima di un furto di prodotti agricoli o di qualche capo di bestiame colloca bene in vista due grosse pietre, una sull’altra, fra le quali pone un fascio d’erba o alcuni rametti, oppure se possibile un campione del prodotto rubato. Il messaggio, chiaramente decifrabile da chiunque per secolare tradizione, è un minaccioso avvertimento rivolto all’autore del furto: “dovessi capitarmi tra le mani, o tentassi di ripetere l’impresa, ti schiaccerò la testa tra due sassi”.
Il cosiddetto “cucuruzzu”, un mucchio di pietre, indica invece non solo il perentorio divieto di accesso al podere di persone estranee, ma anche la minaccia di severe punizioni a carico dell’eventuale trasgressore.
Sempre nel “Capo”, e propriamente nella zona di Leuca, sopravvive tra i paritari (i costruttori di muretti a secco) il superstizioso costume di disporre all’ingresso delle abitazioni rurali delle pietre in modo particolare, che dovrebbero presentare spiccate caratteristiche antropomorfe per tenere lontano gli spiriti maligni.
Curator—Camera di Commercio di Lecce
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