Nella piccola e raffinatissima composizione, si palesa quanto la ricerca estetica di Venanzo Crocetti sia partita da solidissime basi di conoscenza dell’arte classica. Il giovane che suona l’antico aulos a due canne, per far danzare la fanciulla davanti a se’, trova puntuali precedenti iconografici con la scena di danza nel peristilio della Villa dei Misteri (Pompei, I sec. a.C., scena decima), con la rappresentazione del corteo bacchico con satiri e menadi proveniente dalla collezione Farnese (Napoli, Museo Archeologico, 150-200 d.C.), ma anche con la Danza di nudi di Antonio del Pollaiolo, affresco dipinto nella villa La Gallina ad Arcetri, in provincia di Firenze (1465 ca.). Il riferimento più stringente è forse con la Danza delle Menadi della Camera di Ovidio di Palazzo Te a Mantova, pitture per le quali vennero pagati nel 1527 Anselmo Guazzi e Agostino da Mozzanica: in particolare, sulla parete ovest, compaiono un suonatore di flauto a doppia canna, leggermente piegato, e due fanciulle danzanti che hanno un braccio alzato e l’altro dietro la schiena, esattamente come nella composizione di Crocetti.