Quest’opera, come altre realizzate nel 1932, mostra un’estrema semplificazione di forme tratte dalla realtà. L’astrattismo di Carla Badiali, soprattutto nella sua prima attività, è permeato da un sottile lirismo e da un’atmosfera metafisica accentuata dai colori tenui e soprattutto da zone di colore che sembrano alludere a ombre che si proiettano in modo irregolare all’interno o all’esterno delle forme geometriche. Tali elementi suggeriscono una illusoria spazialità e le forme sembrano quasi “galleggiare” su una superficie chiara. Per questo motivo l’astrazione di Carla Badiali può essere avvicinata a quegli autori astratti che possiedono un’intrinseca vena poetica come Paul Klee, Atanasio Soldati, Jean Arp o Osvaldo Licini, piuttosto che a pittori più rigorosamente geometrici. Solo nelle opere realizzate a metà degli anni Trenta, probabilmente influenzate anche dalla vicinanza a Manlio Rho, la dimensione lirica si innesterà su composizioni geometriche più rigorose e costruttive. (E. Di Raddo)