Il dipinto – eseguito su una pietra di paragone che purtroppo si è spezzata in vari frammeti ricomposti in sede di restauro – deriva parzialmente da una lastra pure di paragone, appena un poco più grande, firmata da Felice Brusasorzi. L'opera di Castelvecchio, tradizionalmente riferita a quest'ultimo, è stata giustamente attribuita a Ottino nel 1991. Si nota un fare plastico e una tavolozza che tende a note fredde. La dislocazione originaria delle pietre di paragone di Ottino prevedeva quasi sempre le celle dei monaci veronesi, da quelle dei fracescani di San Bernardino, da cui proviene l'opera in esame, a quelle dei canonici di San Giorgio in Braida.