Ho cominciato disegnando la mia cicatrice reale, fisica, e poi le linee si sono susseguite spontaneamente, collegando tutto: corpo e anima. Vedere quelle ferite, fisiche e interiori, trasferite su un (s)oggetto che è altro da me, è stupendo. Dona loro dignità. Significa forse accettarle finalmente per quello che sono: non più solo pensiero ma materia viva.
Chi avrebbe mai pensato che potessero diventare una forma d’arte?
Rappresentare le debolezze sotto forma di materia ha trasformato le nostre mancanze in qualcosa di vero e perfetto, non solo esteticamente ma anche concettualmente. Ognuno di noi possiede delle insicurezze, e ciò ci accomuna al resto dell’umanità. È necessario fermarsi e prendersi un momento solo per sé, scovare queste paure e riconoscerle, per trovarne la bellezza.
La mia Venere è una spirale tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori di me, tra quello che si vede e quello che rimane nascosto, tra quello che non posso nascondere e quello che ancora adesso, dopo anni, faccio fatica ad accettare. Però le sono tanto grata, perché mi ha portato a fare un primo passo verso la completa consapevolezza di me stessa.