Il dipinto raffigura momenti diversi della vicenda di Orfeo. Al centro di un ampio paesaggio boscoso, egli suona la cetra seduto ai piedi di un albero, ammaliando con il suo canto fiere, ninfe, satiri e altri elementi naturali. In secondo piano numerosi personaggi animano la narrazione di episodi collegati al mito: a sinistra della scena principale è visibile la discesa agli Inferi da parte del musico, per salvare la sposa Euridice; a destra, la fine di Orfeo, ucciso dalle baccanti. La precisa e puntuale narrazione degli episodi della vicenda evidenzia una spiccata erudizione da parte del pittore o dei committenti, nonché la notorietà e la diffusione nelle corti italiane ed europee del mito di Orfeo, che nel corso dei secoli assurse a simbolo della poesia e dell’amore infelice. La paternità dell’opera è tuttora ignota ma si può affermare con una certa sicurezza che l’artista provenga dall’area nordica, data la lenticolare descrizione del paesaggio, della fauna e dei tratti dei volti. Vi sono tuttavia degli elementi, come il tempietto rotondo sullo sfondo a destra, che denotano una probabile conoscenza della pittura italiana, dalle componenti più classiche. La composizione, narrativamente complessa, si caratterizza per un impaginato spaziale ben definito, determinato da una disposizione ripartita a blocchi, per la rappresentazione giustapposta e ben definita degli animali, che fanno supporre una cultura visiva permeata da opere di matrice grafica. Questi elementi e il segno più marcato rispetto a quello degli artisti fiamminghi indirizzano verso l’attribuzione a un artista di ambito tedesco, presumibilmente legato alla città di Augusta, luogo di incontro tra la cultura nordica e quella italiana.