Il Castello di Brescia
Arroccato sul colle Cidneo, il Castello costituisce uno dei più affascinanti complessi fortificati d’Italia e il secondo più grande d’Europa, in cui si possono ancora oggi leggere i segni delle diverse dominazioni. Il Mastio centrale, le imponenti mura merlate e il torrione narrano di un’influenza viscontea, mentre i possenti bastioni e l’ingresso monumentale con ponte levatoio testimoniano della potenza della Serenissima, che resse la città per più di quattro secoli.
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Veduta del Castello di Brescia, Mastio Visconteo (XIV - XVI secolo)Fondazione Brescia Musei
Nel Mastio Visconteo, di pregevole fattura trecentesca, si trova il Museo delle Armi “Luigi Marzoli”, inaugurato nel 1988 per ospitare una delle più ricche raccolte europee di armature e armi antiche.
La collezione Luigi Marzoli
Il Museo delle Armi di Brescia nasce grazie all'acquisizione della collezione del cavaliere del lavoro Luigi Marzoli, imprenditore di successo, a cui il Museo è intitolato.
Nel corso della sua vita, Marzoli acquistò una ricca collezione di armi e armature, costituendo una delle raccolte private più importanti del mondo. Nel suo testamento lasciò la preziosa collezione alla città di Brescia, che s’impegnò a creare un Museo delle Armi nel mastio visconteo nel castello della città.
L’importanza della collezione Marzoli, a cui si aggiunsero le armi e armature già presenti nelle collezioni civiche, risiede non solo nella quantità e qualità dei pezzi, ma anche nella loro selezione. L’intento del cavaliere del lavoro non era solo quello di raccogliere gli oggetti migliori e più rari in vendita, ma testimoniare l’importante produzione di armi, che da sempre contraddistingue il territorio bresciano e, più in generale, la Lombardia.
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Cappello d'arme (Metà XV secolo d.C.) di Produzione tedescaFondazione Brescia Musei
Il cappello d'arme di produzione tedesca, di cui si conservano solo tre esemplari al mondo, ben rappresenta l'intento del Cavaliere Marzoli di collezionare i pezzi migliori per qualità e più rari.
Un esempio di oggetto lombardo di estrema rarità è questa gran celata, rinvenuta nel castello di Calchis in Eubea. Luigi Marzoli si contese l’acquisto con il Metropolitan Museum of Art di New York, dove si conservano tutti gli altri ritrovamenti di Calchis. Questo pezzo testimonia un momento particolare della produzione lombarda, probabilmente milanese, come suggerisce il marchio P coronato, simile a quello che si trova sulla più antica armatura a piastre pervenutaci, conservato a Castel Coira e su un bacinetto rinvenuto in un pozzo del Palazzo Comunale di San Gimignano, tradizionalmente attribuito a Pietro Missaglia. Questa tipologia di elmi, che rappresenta un’involuzione nella fabbricazione degli elmi rispetto agli esemplari coevi, erano destinati al mercato veneziano per armare i propri uomini d’arme in servizio anche, come in questo caso, nei territori d’oltremare.
Collezione di morioni (Metà XVI secolo) di Produzione brescianaFondazione Brescia Musei
Collezione di morioni prodotti a Brescia, databili dalla metà del XVI secolo.
Armatura da campo aperto (1560-1570 circa) di Produzione dell'Italia settentrionaleFondazione Brescia Musei
Questa armatura fu ritrovata insieme a un’altra simile in un
castello della provincia di Brescia. Acquistate entrambe
da Marzoli, solo una è entrata a far parte della collezione civica.
Si tratta di un’armatura da campo aperto, un torneo a cavallo in cui i
contendenti si affrontavano all’interno di una lizza potendosi muovere
liberamente, e, quindi, potendo
colpire l’avversario da qualunque parte. Ciò
richiedeva delle protezioni migliori e pertanto all’armatura venivano aggiunte
delle parti, dette "pezze", che andavano a proteggere le parti maggiormente
esposte, conferendo al cavaliere il peculiare aspetto asimmetrico.
Corsaletto da barriera (1590-1600 circa) di Maestro del Castello a Tre TorriFondazione Brescia Musei
Uno dei pezzi più importanti della collezione è il corsaletto da
barriera appartenuto probabilmente a Carlo Emanuele I di Savoia, o a uno dei
suoi figli. Si tratta di uno dei lavori armorari più importanti uscito da una
bottega milanese alla fine del XVI secolo e reca il marchio del Maestro del
Castello a Tre Torri, un armoraro rimasto anonimo, ma che ha marcato un gran
numero di armature di lusso che ancora oggi si segnalano per perfezione a
raffinatezza. Assieme a Pompeo della Cesa, il Maestro del Castello ha
introdotto un nuovo lessico nella forgiatura e nella decorazione dell’armatura
negli anni a cavallo tra Cinque e Seicento, e il corsaletto di Brescia ne è una
testimonianza: forgiato con piastre spesse e robuste, ma con una articolazione
degli arti pressoché perfetta. I
corsaletti da barriera sono tra i più resistenti, poiché il tipo di torneo era
particolarmente cruento: due squadre di cavalieri si affrontavano a piedi, con
tutte le tipologie di armi, ma separati da una barriera, e pertanto non era
necessario proteggere le gambe. La vittoria andava a coloro che riuscivano a
mettere fuori combattimento tutti gli avversari.
Molto raffinata è la decorazione a liste, realizzata all’acquaforte e foglia d’oro, dove si distinguono i nodi Savoia, emblema della dinastia.
Corsaletto da piede (1570-1580 circa) di Produzione brescianaFondazione Brescia Musei
Corsaletto da piede alla romana, già di proprietà delle raccolte civiche bresciane, probabilmente appartenuto ad un esponente della famiglia Martinengo che comandava truppe veneziane.
Il corsaletto, inciso ad acquaforte, bulino e dorato, era un ornamento difensivo di lusso.
Il brocchiere riporta la data del 1563 ed è mirabilmente istoriato con la scena mitologica del Trionfo di Bacco. Rappresenta un tipico esempio del manierismo italiano applicato alle armi.
Rotella da pompa (1563) di Produzione milaneseFondazione Brescia Musei
Il brocchiere è finemente decorato con le tecniche dello sbalzo, cesello, agemina e doratura.
Museo delle Armi Luigi Marzoli (1988) di Carlo ScarpaFondazione Brescia Musei
L'allestimento della collezione mette in scena numerosi cavalieri in sella a cavalli scolpiti in legno, anch'essi coperti dalle barde e da finimenti d'epoca.
Testiera da cavallo (1560-1570 circa) di Produzione milanese (?)Fondazione Brescia Musei
Uno degli oggetti da cavallo più raffinati, è
la testiera con il monogramma Medinaceli. La testiera ricopre una notevole importanza, non solo
per la splendida fattura del manufatto o per l'importanza del committente, ma
anche perché sono ancora conservate, in diverse armerie del mondo, tutti gli
altri pezzi: nell'Armeria Reale di Torino si trova l'armatura da cavallo con
parte della barda, nell'armeria del castello di Konopiste il brocchiere e
presso l'Art Museum di Philadelphia l'elmetto da incastro.
Testiera da cavallo (1560-1570 circa) di Produzione milanese (?)Fondazione Brescia Musei
Sulla testiera da cavallo è inciso il monogramma MEDINACELI, in riferimento a Juan della Cerda, quarto duca di Medinaceli e governatore della Sicilia dal 1557.
Corsaletto da corazza (1640 circa) di Produzione lombardaFondazione Brescia Musei
Nel XVII secolo le armature da cavaliere si modificano profondamente. Più
leggere, coprono le gambe grazie agli scarselloni a crosta di gambero che
proteggono le gambe fino al ginocchio, lasciando libera la parte inferiore, per
permettere di calzare i voluminosi stivali. Venivano usate da corazzieri
armati di una coppia di pistole da fonda e operavano in fila davanti alle linee
nemiche, scaricando le pistole sui nemici e, mentre ricaricavano, si
riposizionavano al fondo della colonna, in modo da concentrare un fuoco continuo
sui ranghi avversari.
Questa armatura è tipica del Seicento ed è caratterizzata dall'essere totalmente ricoperta di incisioni che ricordano una battaglia contro i turchi.
Coppia di pistole da fonda (1640 circa) di Giovanni Lazarino CominazzoFondazione Brescia Musei
Le armi da fuoco sono tutt'oggi il fiore all'occhiello della produzione
armiera bresciana. Nel XVII e XVIII secolo le canne prodotte soprattutto dagli
artigiani di Gardone Val Trompia erano famose in tutto il mondo e alcune
dinastie di armaioli godettero di enorme fama. Tra costoro spiccarono i
Cominazzo, che in genere si firmavano Lazarino Cominazzo, che resero celebri le
canne da loro prodotte, dette appunto “canne lazarine”, al punto che già in
antichità la loro firma era falsificata anche in Oriente.
Coppia di pistole con meccanismo d'accensione a ruota firmate sulla piastra da Giovanni Antonio Gavacciolo, databili al 1640; le canne firmate da Giovanni Lazarino Cominazzo sono datate al 1660 ca.
Archibuso a ruota (1650 circa) di Lazarino CominazzoFondazione Brescia Musei
Questo archibuso testimonia la maestria degli armaioli bresciani. La firma sulla canna è da intendersi quella di Jacomo di Fortunato Cominazzi, nato nel 1606, e prodotto intorno al 1640.
L'ornamentazione a punti in osso non è tipica della produzione bresciana, ma veniva apposta negli esemplari destinati al mercato balcanico e orientale.
Archibuso a serpe con tre canne rotanti (Prima metà del sedicesimo secolo) di Produzione dell'Italia settentrionaleFondazione Brescia Musei
Un'altra
arma di grande importanza per la sua rarità è questo archibuso, poiché ne esiste solo un altro
oggetto simile, una pistola con meccanismo a serpe e tre canne rotanti,
conservata nell''Armeria di Palazzo Ducale a Venezia. Molto probabilmente erano
armi d'uso militare utilizzate per la guerra navale.
Questo archibuso è un'arma di grande importanza per la sua rarità, poiché ne esiste solo un oggetto simile, una pistola con lo stesso meccanismo conservata nell'Armeria di Palazzo Ducale a Venezia.
La striscia, con una magnifica lama di Toledo firmata dal maestro Pedro de La Velmonte montata su un fornimento ageminato e dorato, è probabilmente di produzione milanese. Nel XVII secolo, durante la dominazione spagnola, erano molto richieste sul mercato lame di Toledo con fornimenti decorati dai maestri lombardi, che vantavano un'antica tradizione nella produzione di fornimenti di lusso.
Stocco di lusso (1490-1520 circa) di Produzione dell'Italia settentrionaleFondazione Brescia Musei
Fa parte della collezione lo stocco di lusso di produzione dell'Italia settentrionale, databile dal 1490 al 1520 circa.
Il pomo è ornato da placchette riproducenti Il giudizio di Paride da un lato, Arianna e Nasso dall’altro, opera del maestro orefice e scultore Giovanni di Fondulino Fonduli.
Comune di Brescia