Donna allo specchio (Lo scialle Spagnolo)

Donna allo specchio (Lo scialle spagnolo) (1924) di Archimede Bresciani da GazoldoMuseo d'Arte Moderna dell'Alto Mantovano

The work was presented for the first time in Brescia in 1925. The Spanish Shawl represents a woman wrapped in a mantón de Manila, a very large shawl. But the subject does not refer to flamenco, neither the movements of the bailaora, nor to the sensual vaulting that could have magnified the attractiveness of this colored shawl and its fringes. It is, therefore, not the movements of the body that lead us by the hand into the Dionysian dimension of dance.

La donna di Archimede si rimira immobile davanti allo specchio, mentre la bellezza del capo d’abbigliamento rimanda a Canton, dove tali scialli erano confezionati e a Manila, un tempo colonia spagnola, da cui tali capi erano spediti a Siviglia

In patria si sarebbero arricchiti ulteriormente di altri raffinatissimi ricami, sino a creare vere e proprie opere d'arte

È questa bellezza del manto che Archimede esalta e restituisce, anche nella posa della donna che, nella perfezione della vestizione, come avrebbe potuto fare una principessa della famiglia reale spagnola, assume una dimensione di classica immobilità scultorea atta a esibire la fattura del mantón, i suoi motivi floreali, le eleganti frange, la magnificenza dell’eleganza.

Per usare le parole che Benito Pérez Galdós (Nobel per la Letteratura nel 1912) adopera in Fortunata y Jacinta, avvolgersi in questo scialle è come vestirsi con un capolavoro di fattura pittorica, in cui l’idea dell’estremo Oriente si carica di venature esotiche e romantiche

Il senso dell’opera non è dunque l’atto quotidiano del rimirarsi davanti a uno specchio ma quello di ammirarsi nello stupore della veste.

Come in un’istantanea, il pittore vuole mettere a fuoco una figura di donna patrizia che si compiace nella preziosità di un capo di rara grazia.

Come nei migliori ritratti muliebri di Bresciani, la donna allo specchio esibisce il proprio rango con garbo,

nel contesto dei damaschi sulle pareti, nel prezioso specchio rococò,

nel vaso di cristallo veneziano che Vittorio Zecchin, negli anni Venti per l’appunto, fece realizzare da Venini sulla base di un analogo vetro che compariva in un dipinto di Paolo Caliari detto il veronese.

E poi nel tappeto…

Siamo negli anni Venti, il pittore ha dunque acquisito una piena maturità espressiva, muovendosi nel solco di una pittura che rigetta ogni tentazione avanguardistica. Eccelle, degno erede di Tallone, nel ritratto, al punto da essere conteso dalla borghesia milanese, mantovana e bresciana. Il suo virtuosismo tecnico gli dà modo di esprimere ora, con disinvoltura, una fantasiosa creatività e una sensibilità estetica che lo rendono davvero grande.

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