Primo Congresso della Confederazione generale del lavoro (1906)Archivio Storico CGIL Nazionale
Le fotografie relative ai primi anni del movimento sindacale in Italia sono rare e ancor più raramente presentano figure femminili. Se poche immagini sfuggono a questo modello, costituisce un’eccezione l’unica fotografia conservata del Congresso costitutivo della CGdL.
La Confederazione generale del lavoro nasce al primo Congresso di Milano del 29 settembre - 1° ottobre 1906: cinquecento delegati, in rappresentanza di 700 leghe per un totale di 250 mila iscritti ne proclamano la costituzione. Del Congresso costitutivo rimane alla storia una sola, famosissima, immagine fotografica, ripresa alla Camera del lavoro di Milano dallo studio fotografico Italo Pacchioni (Corso Genova 20). I partecipanti ai lavori sono riuniti nella grande sala di via Crocifisso, oggi distrutta, sotto la scritta dal palco “Operai di tutto il mondo unitevi!”, ognuno con lo sguardo rivolto all’obiettivo del fotografo.
Riunione del Consiglio direttivo della CGdL a Milano (1915)Archivio Storico CGIL Nazionale
Tra le 200 persone presenti nella foto si riconoscono tre figure femminili.
Da quanto riporta «Lavoro» nel numero dedicato al 50° anniversario della fondazione, si tratta di tre dirigenti di primo piano: Ines Oddone Bitelli di Gallarate, Ida Persano della Federazione arti tessili di Torino e - terza donna nell’immagine - Argentina Bonetti Altobelli, fondatrice della Federazione nazionale lavoratori della terra e membro del Consiglio direttivo della CGdL fin dalla fondazione.
Donne tranviere (1918)Archivio Storico CGIL Nazionale
La Prima guerra mondiale crea una profonda lacerazione rispetto al passato ed in tutti i paesi impegnati nello sforzo bellico le donne vengono invitate a lavorare in sostituzione degli uomini al fronte per mantenere alto il livello della produzione.
Le signore, anche quelle appartenenti ai ceti medi, diventano quadri tecnici nelle imprese, rappresentanti di commercio, conduttrici di tram, garzoni nei caffè, operaie in fabbrica, facchine, portalettere; nelle fotografie vengono ritratte nelle mansioni un tempo riservate agli uomini e nelle relative divise appaiono fiere, sorridenti, contente.
Donne alla acciaieria Fiat di Torino addette alla preparazione delle anime di fusione (1917)Archivio Storico CGIL Nazionale
Il risultato di tale drastica rimozione della repressione sociale femminile sarà un inedito anelito di libertà.
Vivere sole, uscire da sole, assumersi da sole certe responsabilità erano cose che ora divenivano per molte finalmente possibili, anche se non sempre accettate senza riserve dagli altri.
Scriveva Ugo Ojetti sul «Corriere della Sera» nel 1917: “La fiumana di donne penetra, gorgogliando e frusciando, nei luoghi degli uomini: campi, fabbriche... Talune, è vero, assomigliano ai bambini, specie quando ancora non ne hanno di propri: si stancano, si distraggono, sospirano, litigano, s’impuntano, scioperano, minacciano, strillano. Ma le più, insomma, lavorano e sono preziose, e s’ha bisogno di loro... La donna è prima di tutto un essere pratico il cui lavoro sociale è utilissimo…”.
Sciopero di protesta alla Pirell (1920)Archivio Storico CGIL Nazionale
Anche negli anni del biennio rosso (1919-1920) le donne sono protagoniste di duri scioperi che coinvolgono molte categorie, come testimonia ne l’«Illustrazione italiana» un particolare dello sciopero di protesta alla Pirelli del 1920.
Sciopero dei postelegrafonici (1920)Archivio Storico CGIL Nazionale
Terza sagra del lavoro (1941)Archivio Storico CGIL Nazionale
Al biennio rosso seguirà il biennio nero, segnato dall’attacco violento che i fascisti scateneranno contro il movimento operaio e le fragili istituzioni dello Stato liberale. Il mondo del lavoro è presente nelle immagini della propaganda fascista, ma in forma retorica e rituale.
Donne ferroviere in sostituzione del personale maschile richiamato alle armi (1943)Archivio Storico CGIL Nazionale
Il 1º settembre 1939, con l’invasione della Polonia da parte della Germania, ha inizio la Seconda guerra mondiale. Ancora una volta, con gli uomini impegnati al fronte, alle donne viene chiesto di svolgere attività fino a prima della guerra tipicamente maschili.
Ritorna ad essere normale vedere le donne alla guida dei tram nelle città, donne vigile, postino, spazzino vengono ripetutamente ritratte in foto e in pose diverse.
Ora e sempre Resistenza! (1943/1945)Archivio Storico CGIL Nazionale
L'8 settembre comincia la Resistenza al nazifascismo. I compiti ricoperti dalle donne sono molteplici ed il loro ruolo si differenzia in base al periodo cronologico e al luogo in cui esse si trovano.
Oltre che assistere i feriti e gli ammalati e contribuire alla raccolta di indumenti, cibo e medicinali, le donne partecipano portando il loro contributo alle riunioni politiche ed organizzative e all’occasione sanno anche cimentarsi con le armi.
Ricoprono tutti i ruoli: sono staffette è vero - o più correttamente ufficiali di collegamento - ma sono anche portaordini, infermiere, dottoresse, vivandiere, sarte; diffondono la stampa clandestina, trasportano cartucce ed esplosivi nella borsa della spesa, sono le animatrici degli scioperi nelle fabbriche, hanno cura dei morti.
Ora e sempre Resistenza (1943/1945)Archivio Storico CGIL Nazionale
Atti di sabotaggio, interruzione delle vie di comunicazione, aiuto ai partigiani, occupazione dei depositi alimentari tedeschi, approntamento di squadre di pronto soccorso sono solo alcuni dei compiti portati avanti con coraggio e tenacia dalle donne, cui bisogna aggiungere anche la loro attività di propaganda politica e di informazione. Il loro contributo non si limita alle azioni dirette: le donne partecipano ai grandi scioperi del Nord, di più, li organizzano, sostituiscono i loro uomini quando chiedono pane, vestiti, carbone, migliori condizioni che mitighino la durezza del conflitto armato.
E muoiono in quelle manifestazioni.
Ora e sempre Resistenza! (1943/1945)Archivio Storico CGIL Nazionale
Nel giugno del 1944 il Comitato nazionale dei Gruppi di difesa della donna invia al Comando di liberazione nazionale dell’Alta Italia una relazione sulla costituzione e sull’opera dei gruppi di Difesa.
“All’appello - vi si legge - hanno risposto le donne italiane delle fabbriche e delle case, delle città e delle campagne riunendosi e lottando. I Gruppi sono sorti e si sono sviluppati nei grandi come nei piccoli centri. A Milano nelle fabbriche si contano ventiquattro Gruppi con circa due mila aderenti; un ugual numero esiste a Torino e a Genova. […] Sono sorti gruppi di contadine, di massaie, nelle case e nelle scuole; la loro azione viene coordinata dai Comitati femminili di città e di villaggio, regionali e provinciali, attorno alle direttive indicate dal Comitato nazionale”.
Stando ad alcuni calcoli fatti dall’Anpi, furono 35.000 le partigiane combattenti, 20.000 le patriote con funzioni di supporto, 70.000 le donne appartenenti ai Gruppi di difesa per la conquista dei diritti delle donne, 5.000 circa le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti, circa 3000 le deportate in Germania.
Nei cortei del 1945 però di donne se ne vedono poche. La Resistenza delle donne non è stata uguale a quella degli uomini e per molto tempo è rimasta avvolta nel silenzio.Le foto delle partigiane col fucile oggi sembrano scontate, ma per anni non hanno circolato.
Dopo la Liberazione la qualifica di partigiano viene riconosciuta ‘a chi aveva portato le armi per almeno tre mesi e aveva compiuto almeno tre azioni di guerra o sabotaggio (o almeno aveva fatto tre mesi di carcere o sei mesi di lavoro nelle strutture logistiche)’. Poste così le cose, era chiaro che un grande numero di donne resistenti veniva messo fuori gioco e che salvo casi eccezionali per loro si sarebbe potuto parlare solo di contributo dato alla Resistenza. Sono solo 19 le donne italiane decorate con la Medaglia d’oro al valore militare tra cui 15 alla memoria.
Al voto!Archivio Storico CGIL Nazionale
Il 2 giugno 1946 in Italia si vota per il referendum istituzionale tra Monarchia o Repubblica e per eleggere l’Assemblea costituente. Le elette donne sono 21 su un totale di 556 deputate e deputati.
Provenienti da tutta la penisola, in maggioranza sposate (14 su 21) e con figli, giovani e dotate di titoli di studio (14 laureate), molte avevano preso parte alla Resistenza, pagando spesso personalmente e a caro prezzo le loro scelte, come Adele Bei, condannata nel 1934 dal Tribunale speciale a 18 anni di carcere per attività antifascista, Teresa Noce, messa in carcere e poi deportata, Rita Montagnana.
Pur tenendo conto delle istanze dei rispettivi partiti, le costituenti fecero spesso fronte comune sui temi dell’emancipazione femminile per superare i tanti ostacoli che rendevano difficile la partecipazione delle donne alla vita politica e non solo. L’esempio forse più pregnante di questo lavoro è la formulazione dell’art. 3 della Costituzione.
Si deve infatti a Lina Merlin l’introduzione della locuzione “di sesso” nell’elenco delle discriminazioni da superare ed è stata Teresa Mattei a volere la fondamentale aggiunta “di fatto” alla frase “limitando la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”, nel comma sugli ostacoli di ordine economico e sociale da rimuovere per consentire lo “sviluppo della persona umana” e la partecipazione dei lavoratori alla vita del paese.
Teresa Noce (1900/1980)Archivio Storico CGIL Nazionale
Delle 21 costituenti, 5 entrano nella famosa “Commissione dei 75”: Maria Federici (Pci), Angela Gotelli (Dc), Nilde Iotti (Pci), Lina Merlin (Psi) e Teresa Noce (Pci).
Una particolare attenzione viene da loro rivolta al tema della famiglia, a partire dall’uguaglianza dei coniugi: ci saranno nel corso dei lavori non pochi scontri con buona parte dei colleghi, i quali sostenevano la necessità di un sistema gerarchico all’interno della famiglia e l’ovvietà che al vertice si trovasse il marito. Un altro tema fondamentale sarà il lavoro: tutela della maternità, parità dei salari, pari opportunità nell’accesso a tutte professioni saranno i temi maggiormente dibattuti.
Tutte s’impegnarono per la parità, compresa quella salariale, denunciando alla Commissione dei 75 qualsiasi tentativo discriminatorio volto ad escludere le donne dal lavoro extradomestico, come quello che introduceva le parole ‘essenziale funzione familiare’ nell’articolo riguardante la tutela della maternità (legge del 10 maggio 1947) o quello che limitava l’accesso delle donne alle carriere pubbliche.
Maria Federici, Nilde Iotti, Lina Merlin e Teresa Noce sono sempre presenti alle sedute della Costituente e sono spesso relatrici e correlatrici dei temi all’odg. Le costituenti sono unite nel voto favorevole all’art. 11, relativo al ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e anche singolarmente si fanno promotrici di importanti diritti civili (ad esempio Nadia Gallico Spano fu la prima ad affermare la necessità di stabilire l’uguaglianza fra figli nati all’interno e al di fuori del matrimonio e di cancellare la definizione di ‘figli di N. N.’ destinata a questi ultimi). Particolarmente accesa sarà la discussione relativa all’accesso per le donne alla Magistratura, per la quale erano ritenute troppo emotive e sensibili. La scelta delle costituenti di mettere ai voti un doppio emendamento riuscì a garantire il risultato che le donne volevano raggiungere: bocciato quello della Rossi - Mattei (120 voti su 153) che dichiarava esplicitamente il diritto femminile di accesso a tutti i gradi della Magistratura, passò , passò quello della Federici che sopprimeva la parte limitante dell’articolo in discussione.
Maria Federici, Nilde Iotti, Lina Merlin e Teresa Noce sono sempre presenti alle sedute della Costituente e sono spesso relatrici e correlatrici dei temi all’odg. Le costituenti sono unite nel voto favorevole all’art. 11, relativo al ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e anche singolarmente si fanno promotrici di importanti diritti civili (ad esempio Nadia Gallico Spano fu la prima ad affermare la necessità di stabilire l’uguaglianza fra figli nati all’interno e al di fuori del matrimonio e di cancellare la definizione di ‘figli di N. N.’ destinata a questi ultimi).
Rina Picolato (1900/1963)Archivio Storico CGIL Nazionale
Rispetto alla partecipazione femminile ai movimenti ed agli scioperi che precedono la Liberazione, la presenza delle donne nella ricostituita Cgil unitaria è estremamente esigua.
Lo stesso Di Vittorio al Primo Congresso Cgil dell’Italia liberata, tenutosi a Napoli nel gennaio 1945, dichiarerà “che un difetto essenziale dei nostri sindacati è l’assenza delle donne”. Per compensare questa assenza il Congresso del 1945 delibera l’istituzione di una Commissione femminile nazionale. La Commissione sarà formalizzata due anni dopo, al Congresso di Firenze del 1947.
Anniversario dell’eccidio di Portella della Ginestra (1955)Archivio Storico CGIL Nazionale
Il contesto politico nazionale cambia radicalmente, viene meno il patto che aveva sostenuto l’azione dei partiti antifascisti, i comunisti escono dal Governo, sale la tensione internazionale.
Nel Paese si acuiscono i conflitti sociali in un clima di contrapposizione politica sempre più acceso. Nelle campagne cresce la protesta contadina che si manifesta con un imponente movimento per l’occupazione delle terre incolte e con duri scioperi bracciantili. Molte sono le vittime, a partire da Giuditta Levato, uccisa il 28 novembre 1946 in Calabria, mentre Portella della Ginestra (1947) inaugura la stagione delle stragi.
Operaie ascoltano un comizio (1945)Archivio Storico CGIL Nazionale
Le donne non solo madri o mogli degli uccisi, sono protagoniste della lotta.
Nella prima metà degli anni Cinquanta le principali rivendicazioni delle donne sul terreno del lavoro sono l’attuazione del dettato costituzionale sulla parità salariale e la realizzazione di una tutela della maternità che garantisca non solo migliori condizioni di lavoro, ma anche una serie di servizi esterni di sostegno (asili nido, mense, ecc.). La legge sulla tutela delle lavoratrici madri, per la quale si era battuta Teresa Noce, verrà approvata nel 1950.
Il testo definitivo, pur se limitativo rispetto alla proposta Noce, rappresenta un importante risultato per le lavoratrici italiane, ma apre un altro fronte di rivendicazioni; molte imprese, infatti, per aggirare la legge, impongono alle assunte la cosiddetta clausola di nubilato, che prevede il licenziamento in caso di matrimonio. Sempre per iniziativa di Teresa Noce nel maggio 1952 viene presentato alla Camera il progetto di legge per l’«Applicazione della parità di diritti e della parità di retribuzione per un pari lavoro», ma l’accordo sulla parità sarà raggiunto solo il 16 luglio 1960 relativamente ai soli settori industriali (le donne otterranno la parità salariale in agricoltura nel 1964).
Consegna della tessera ad un gruppo di sarte al lavoro (1953)Archivio Storico CGIL Nazionale
Nel 1958 era stata intanto approvata la legge sulla tutela del lavoro a domicilio, mentre sono del 1963 le leggi che vietano il licenziamento delle donne in caso di matrimonio e l’ammissione delle donne ai concorsi per entrare in magistratura.
Occupazione delle terreArchivio Storico CGIL Nazionale
Le figlie di Maria Margotti (1956)Archivio Storico CGIL Nazionale
Per la parità salariale tra uomo e donnaArchivio Storico CGIL Nazionale
Lavoratrice a domicilioArchivio Storico CGIL Nazionale
Lavoratrici a domicilioArchivio Storico CGIL Nazionale
Mondine in biciclettaArchivio Storico CGIL Nazionale
“Lasciate che vi dica cosa penso dell’andare in bicicletta. Penso che la bici abbia fatto per l’emancipazione delle donne di più di ogni altra cosa al mondo. Dà alle donne la sensazione di libertà e di completa autonomia. Gioisco ogni volta che vedo in giro una donna pedalare… immagine senza ostacoli della libera femminilità”.
Ritratto di una contadina seduta sul prato accanto alla biciclettaArchivio Storico CGIL Nazionale
Così si esprimeva la leader per la riforma del suffragio femminile e dei diritti delle donne Susan Brownell Anthony riguardo alla bicicletta, quasi onnipresente nelle fotografie che riprendono le donne lavoratrici nel dopoguerra, sino agli anni del boom e anche oltre.
Mondine in biciclettaArchivio Storico CGIL Nazionale
Una lavoratrice a domicilio in bicicletta si reca a consegnare il lavoro che trasporta in un fagotto (1957)Archivio Storico CGIL Nazionale
Manifestazione delle lavoratrici a domicilio in sciopero (1960)Archivio Storico CGIL Nazionale
Lavoratrice alla macchinaArchivio Storico CGIL Nazionale
La seconda metà degli anni Cinquanta appare cruciale dal punto di vista della rappresentazione dell’immagine femminile. Si fa strada, sopratutto nei manifesti sindacali, la figura della donna impegnata nel lavoro. Anticipatore in questa direzione era stato un bel volantino della Fiom del 1952, rivolto alle operaie metalmeccaniche ancora non iscritte al sindacato, che raffigura una giovane operaia intenta a una lavorazione al tornio.
Nei primi anni Sessanta il miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne spinge la Cgil a considerare esaurita l’esperienza delle Commissioni femminili. Il corollario organizzativo di questa nuova impostazione è l’istituzione di un Ufficio confederale di settore, non elettivo, affiancato da una Consulta centrale in cui figurano militanti di base e donne dirigenti delle diverse categorie.
Corteo di lavoratori degli stabilimenti ApollonArchivio Storico CGIL Nazionale
Intanto il 1968 e l’Autunno caldo creano aspettative di emancipazione e conquiste anche nell’universo femminile.
Le confezioniste ottengono un buon contratto già all’inizio del 1968, mentre le ortofrutticole e le addette al commercio crescono di numero riuscendo nel 1973 a raggiungere un ottimo risultato contrattuale. A partire dai primi anni Settanta tuttavia si registra una battuta di arresto nel percorso verso l’emancipazione e la rappresentanza.
Nel Comitato direttivo della neonata Federazione Cgil-Cisl-Uil non vi è neppure una donna. Scarsa rappresentanza le donne trovano anche nella successiva tornata elettorale del Congresso di Bari del 1973. Le donne elette nel Consiglio generale nel 1973 sono 12 (su 211 membri, pari al 5,68%); 2 nel Comitato direttivo (su 64 membri, pari al 3,1%). In un clima generale non favorevole viene però raggiunta l’importante conquista della legge sul lavoro a domicilio. La legge 877/1973 sostituisce la precedente legge 13 marzo 1958, n. 264.
Manifestazione per il Mezzogiorno (1971)Archivio Storico CGIL Nazionale
Anche se il sindacato in questi anni le nomina di rado, e ancor meno le chiama negli organismi dirigenti, le donne ci sono e sono larga parte dei movimenti che crescono nel Paese.
Operaie dormono in fabbricaArchivio Storico CGIL Nazionale
Lo testimoniano le numerose inchieste sulla condizione operaia, nelle quali, mentre si parla in modo generico di “lavoratori”, emergono molte voci femminili.
Sono le operaie della Lebole di Arezzo, le cotoniere del gruppo Cantoni, le lavoratrici della Dalmas di Bologna e della Apollon di Roma, che scendono in sciopero, molte per la prima volta, contro il cottimo, per l’abolizione della quarta categoria, per i diritti sindacali in fabbrica.
Lavoratrici in corteo (1954)Archivio Storico CGIL Nazionale
Uno degli episodi più noti fu la lotta sostenuta dai lavoratori e dalle lavoratrici dello stabilimento della Coca Cola e della tipografia Apollon di Roma, che divenne il simbolo della resistenza operaia nella città per la sua durata, quasi nove mesi e per aver avuto la solidarietà di intellettuali, personaggi dello spettacolo e del movimento studentesco.
Le operaie e le mogli degli operai sostennero con grande forza il peso della estenuante lotta. Quando, nel novembre del 1969, decine di migliaia di metalmeccanici invasero pacificamente Roma per spingere la Confindustria a firmare il rinnovo del contratto nazionale di categoria, la Flm, dispose che il corteo fosse aperto dalle donne, un riconoscimento fortemente simbolico del loro protagonismo.
Operaie ritratte al lavoro mentre collegano processori per televisoriArchivio Storico CGIL Nazionale
Operaie al lavoro all’interno della fabbrica di denti artificialiArchivio Storico CGIL Nazionale
Corteo in via dei Fori Imperiali (1970)Archivio Storico CGIL Nazionale
Gruppo di operaie della fabbrica Lebole all'uscita degli stabilimenti (1971)Archivio Storico CGIL Nazionale
Sciopero unitario per l’occupazione e le riforme (1973)Archivio Storico CGIL Nazionale
Giovani in corteoArchivio Storico CGIL Nazionale
Marisa Cinciari Rodano e Susanna Camusso (2015)Archivio Storico CGIL Nazionale
Oggi le donne in Cgil sono più o meno il 50% degli iscritti. Hanno circa la metà dei delegati nelle assemblee e nei comitati direttivi e sono alla guida di numerose camere del lavoro e strutture regionali nonché di categorie nazionali.
Nella Segreteria confederale la percentuale di donne è gradualmente aumentata a partire dal 1986 sino a divenire paritaria dal 2002. Con il 1996, anno del XIII Congresso (Rimini, 2-5 luglio), la “Norma antidiscriminatoria” assume un carattere vincolante e soprattutto viene introdotta senza alcuna riserva nello Statuto confederale (art. 6) stabilendo che “nessuno dei due sessi può essere rappresentato al di sotto del 40% o al di sopra del 60%”.
Susanna Camusso, primo segretario generale donna della storia della CgilArchivio Storico CGIL Nazionale
Nel 2010 Susanna Camusso viene eletta - prima e ad oggi unica donna a ricoprire la carica - Segretaria generale della CGIL.
Dirà Guglielmo Epifani in occasione del passaggio del testimone: “Voglio fare gli auguri di cuore - convinti e sereni - a Susanna. Per quanto la fase che è chiamata ad affrontare con la nuova responsabilità è realmente densa di problemi e durezze, non ho il minimo dubbio che li affronterà nel modo più serio, più adeguato possibile. Ne ha le capacità, la determinazione, l’esperienza. Ha il vostro e il mio appoggio. In Cgil non si sta tanti anni in trincea, in posizione di responsabilità così a lungo e così con stima, se non si hanno le qualità giuste. Di testa e di cuore. Di conoscenze e di passione, di capacità e di determinazione.
Assemblea nazionale delle donne Cgil (2018)Archivio Storico CGIL Nazionale
Per una donna poi sappiamo quanto tutto sia più difficile tra responsabilità di lavoro e quelle di cura e di famiglia. Susanna sarà una grande segretaria della Cgil, e sarà anche la mia segretaria. Dobbiamo essere contenti della scelta fatta. E del fatto storico che abbiamo determinato: non solo una donna alla guida della Cgil, ma una donna alla guida di uno dei più grandi e rispettati sindacati mondiali.
Superiamo così un ritardo non accettabile, e insieme riconosciamo anche così il ruolo che nella storia delle classi lavoratrici italiane hanno avuto le donne, quelle che abbiamo rievocato e studiato nel corso del nostro centenario. Le braccianti, le tessili, le maestre, le impiegate, le operaie e tutte le altre fino ai giorni nostri. E le tante figure di questa storia: Argentina Altobelli, Lina Fibbi, Teresa Noce, Nella Marcellino, Donatella Turtura e voi che siete qui nei vostri ruoli e responsabilità. Vinciamo una prova importante, e diamo un segno a tutta la società italiana, alla continua sottovalutazione e discriminazione di genere, al ruolo, all’uso, all’abuso che si fa della donna e del suo corpo, ai quanti vogliono tornare indietro”.
DonneArchivio Storico CGIL Nazionale
Prima del 1945 alle donne non era consentito votare. Un decreto del 1945 concede alle maggiorenni (21 anni) il diritto di voto attivo, mentre un decreto del 1946 concede alle donne maggiori di 25 anni il diritto di voto passivo.
“Un diritto che venne riconosciuto in extremis - preciserà Marisa Cinciari Rodano - nell’ultimo giorno utile per la composizione delle liste elettorali, alla fine del gennaio 1945, ma che non fu, come taluno sostiene, una benevola concessione, bensì il doveroso riconoscimento del contributo determinante che le donne, con le armi in pugno e soprattutto con una diffusa azione di massa, di sostegno alla Resistenza, avevano dato alla liberazione del Paese”.
Nella prima metà degli anni Cinquanta le principali rivendicazioni delle donne sul terreno del lavoro sono l’attuazione del dettato costituzionale sulla parità salariale e la realizzazione di una tutela della maternità che garantisca non solo migliori condizioni di lavoro, ma anche una serie di servizi esterni di sostegno (asili nido, mense, ecc.).
La legge sulla tutela delle lavoratrici madri, per la quale si era battuta Teresa Noce, verrà approvata nel 1950. Il testo definitivo, pur se limitativo rispetto alla proposta Noce, rappresenta un importante risultato per le lavoratrici italiane, ma apre un altro fronte di rivendicazioni; molte imprese, infatti, per aggirare la legge, impongono alle assunte la cosiddetta clausola di nubilato, che prevede il licenziamento in caso di matrimonio.
Sempre per iniziativa di Teresa Noce nel maggio 1952 viene presentato alla Camera il progetto di legge per l’«Applicazione della parità di diritti e della parità di retribuzione per un pari lavoro», ma l’accordo sulla parità sarà raggiunto solo il 16 luglio 1960 relativamente ai soli settori industriali (le donne otterranno la parità salariale in agricoltura nel 1964).
Solo nel 1958 viene approvata la legge sulla tutela del lavoro a domicilio (sempre nel 1958 è approvata la Legge Merlin sulla Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui), mentre sono del 1963 le leggi che vietano il licenziamento delle donne in caso di matrimonio e l’ammissione delle donne ai concorsi per entrare in magistratura.
Essere libereArchivio Storico CGIL Nazionale
Nel 1970 il divorzio viene finalmente concesso e regolamentato, cinque anni più tardi viene riformato il diritto di famiglia.
Dal 1981 le donne sono ammesse nel corpo di polizia, dal 1999 nelle forze armate. Sempre nel 1981 viene abrogata quella parte della legge che attenuava le pene per chi commetteva un omicidio per causa d’amore (il cosiddetto ‘delitto d’onore’) e scompare il matrimonio riparatore secondo il quale uno stupratore poteva evitare la condanna sposando la vittima. Nel 1996 - con la sola opposizione del Partito della Rifondazione comunista - viene approvata la nuova legge sulla violenza sessuale. La violenza diventa reato non più contro la morale ma contro la persona, gli altri cardini della normativa sono l’inasprimento delle pene, l’irrevocabilità della querela, la violenza presunta nei rapporti con i minori di 14 anni. La legge del 2013 introduce l’arresto obbligatorio in caso di maltrattamento e stalking.
Giù le mani dalla 194Archivio Storico CGIL Nazionale
Il 22 maggio del 1978 la legge 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza) viene pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, divenendo a tutti gli effetti legge dello Stato.
Prima del 1945-46 alle donne non era consentito né essere votate né votare, diritto riconosciuto loro in extremis, nell’ultimo giorno utile per la composizione delle liste elettorali alla fine del gennaio 1945.
Nei primi trent’anni di vita della Repubblica italiana i Consigli dei ministri (tredici in totale) sono composti esclusivamente da uomini: bisogna attendere il 1976 perché una donna, Tina Anselmi, sia nominata ministro del Lavoro e della Previdenza sociale dall’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti.
Se si analizza l’andamento della presenza femminile si può notare come siano stati necessari 30 anni per eleggere più di 50 donne al Parlamento (quota 100 è stata superata con la X legislatura nel 1987, e quota 150 con la XV, nel 2006). Soltanto in cinque casi la Presidenza della Camera è stata affidata a una donna (Nilde Iotti per tre legislature, Irene Pivetti e Laura Boldrini), in un solo caso la Presidenza del Senato (Maria Elisabetta Alberti Casellati).
Su oltre 1500 incarichi di ministro assegnati in 70 anni di storia repubblicana le donne ne hanno ottenuti poco più di 80 (dei quali la metà senza portafoglio).
Nessuna donna ha mai rivestito l’incarico di ministro dell’Economia e delle finanze. Nessuna donna è stata mai investita della carica di presidente del Consiglio o è mai stata eletta alla Presidenza della Repubblica. Considerato che le donne in Italia rappresentano più di metà dell’elettorato attivo, il 42% dei lavoratori, il 57,2% dei laureati ed il 41% della produzione del Pil nazionale, verrebbe da chiedersi: se non ora, quando?
A cura di Ilaria Romeo
Foto Archivio storico CGIL nazionale (le foto dei primi anni del secolo sono tratte da 'CGIL. Il lavoro della Confederazione. Immagini per la storia del sindacato e del movimento operaio in Italia (1906-1986)', a cura di A. Scalpelli Mazzotta, Milano 1988).