I Corali della Certosa di Ferrara

Una dimensione preziosa e intimistica della spiritualità certosina

Page with figured initial A (1470-1480) by Guglielmo GiraldiMusei di Arte Antica

Introduzione

La serie dei Corali certosini di San Cristoforo di Ferrara, oggi conservata presso i Musei di Arte Antica, costituisce una delle più preziose testimonianze dell’arte miniatoria prodotte a Ferrara nella seconda metà del Quattrocento. Eseguiti per i monaci della Certosa, i codici furono realizzati per volere del duca Borso d’Este, promotore anche dell'edificazione nel 1452 del cenobio ferrarese. L’opera, avviata presumibilmente intorno al 1468, fu completata nel 1476, sotto il regno di Ercole I, contestualmente alla produzione della Bibbia certosina, un capolavoro coevo eseguito per lo stesso convento e frutto della medesima committenza.

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I Corali certosini

Originariamente composta da 18 volumi, la serie dei Corali era ripartita in 12 Antifonari e 6 Graduali che, destinati al canto durante l’ufficio divino, scandivano attraverso l’esecuzione musicale i momenti salienti dell’anno liturgico. Contrassegnati da lettere alfabetiche, i Corali hanno mantenuto la segnatura elaborata dall’archivista Placido Federici che nel XVIII secolo ne stilò un elenco dei volumi superstiti. In particolare le lettere A, B, C, D, E, F, G, H, Q, R, S e T identificano gli Antifonari, mentre i Graduali sono indicati con le lettere K, L, M, N, O e P.

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Smembrata a fronte della soppressione del convento in età napoleonica (1801), la serie confluì quasi integralmente – con l’eccezione del Graduale K, andato perduto – nella Biblioteca Comunale, presso Palazzo Paradiso. Nel 1898 in occasione della costituzione del Museo Civico, i codici furono trasferiti a Palazzo Schifanoia, al pari di altri manoscritti di provenienza monastica, come la Bibbia certosina e i Corali olivetani.

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Le iniziali istoriate

Riccamente decorate in un rigoglio vitale di fiori e virgulti, le iniziali figurate si caratterizzano per le dimensioni monumentali negli incipit, nonché per il disegno ardito e fantasioso. L’impatto visivo, spesso enfatizzato anche dalla presenza di inserti architettonici, ricrea la suggestione di un dipinto su tavola, in un connubio perfetto di testo e immagini che esalta la solennità del canto e, con esso, il potere dell'ordine certosino. Il prezioso ornato e l’appassionata emozionalità, evidente ad esempio nel gesto delle mani giunte a punte strette e palme staccate, rivela l’influenza pregnante della pittura contemporanea di Cosmè Tura e Francesco del Cossa.

Simboli e citazioni

L’esaltazione della prestigiosa committenza è veicolata dalla citazione di simboli ed emblemi del potere, come dimostra ad esempio il fregio inferiore della pagina iniziale del Graduale L, al cui centro è inserito lo stemma araldico della casata d’Este, con le chiavi decussate, l’aquila bianca e quella bicipite e i gigli del re di Francia. Accanto allo stemma, inglobato in un medaglione quadrilobato, figurano le imprese dell’Idra e della Granata deflagrante, un riferimento al potere e alla capacità militare tributati ai principi estensi.

La stessa pagina vista nel suo complesso.

Nel margine laterale, tra virgulti in crescita e fiori di garofano, è incastonato l’anello diamantato, simbolo di Ercole I.

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Nelle pagine dei Corali emerge forte la memoria dei religiosi che li utilizzavano quotidianamente.

In questo caso, ad esempio, nel margine superiore, tra ampie volute fogliacee e sferette d’oro, rotonde e ciliate, è inserito il monogramma certosino.

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Autori

Prodotti quasi certamente nell’ambiente della Certosa, i Corali furono illustrati da Guglielmo Giraldi, celebre miniaturista attivo alla corte estense, e da alcuni suoi collaboratori, tra i quali spicca la personalità di Alessandro Leoni. Per converso, non molto si sa sulla realizzazione dei codici: questi infatti non presentano sottoscrizione di copista, né vi sono indicazioni utili ai fini della datazione.

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Fa eccezione la data del 1468 che, apposta in una delle miniature finali del Corale O, attesta forse la conclusione del volume e la fine dei lavori sui Graduali L, M, N.
La cifra in numeri romani è inscritta nell’iniziale I che, dipinta a finta scultura, ospita il fregio di un profeta genuflesso che regge un libro tra le mani.

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Nella serie, col progredire dell’illustrazione, si osserva un mutamento di tono. La grandiosità delle figure, vibranti ed energiche, lascia il posto ad un sentimento più raccolto e intimistico e le immagini dei santi si caricano di quel rapimento ascetico che anela all’estasi mistica.

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Alla religiosità, dai toni più sommessi e pacati, fa da sfondo anche un’ambientazione scarna: su un manto erboso leggermente declinante, alcuni sassi levigati, allineati a formare bassi gradini, riecheggiano il greto di un fiume prosciugato. Poco più in là, alle spalle delle figure, si staglia il cielo, un semplice fondo blu trapunto di stelle.

Credits: Story

Percorso a cura di Tatiana De Bartolo e Maria Chiara Mosele.

Ha collaborato Romeo Pio Cristofori.

Per approfondimenti si rimanda a "La miniatura a Ferrara. Dal tempo di Cosmè Tura all'eredità di Ercole de' Roberti", a cura di Federica Toniolo, Franco Cosimo Panini, Modena 1998, pp. 197-209.

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