Introduzione
Annoverato tra le più alte testimonianze della miniatura rinascimentale, questa versione del "Decretum Gratiani" costituisce il solo esemplare a noi noto di incunabolo riccamente miniato per un committente o destinatario ferrarese. Conservato presso i Musei di Arte Antica, il prezioso volume fu realizzato infatti nella seconda metà del Quattrocento su commissione della famiglia Roverella. Proveniente dal monastero di San Giorgio fuori le mura, il testo ha seguito le sorti di altre importanti serie miniate: asportato a fronte delle soppressioni napoleoniche, il "Decretum" approda a Palazzo Schifanoia nel 1898, in occasione della costituzione del Museo Civico.
Il Decretum Gratiani Roverella
Stampato a Venezia nel 1474 dall'editore Jenson, il "Decretum Roverella" rappresenta la prima edizione a stampa di un celebre trattato di diritto canonico, elaborato intorno al 1140 dal monaco Graziano, magister presso il monastero benedettino dei santi Felice e Nabore di Bologna. Il testo, corredato da glosse esplicative e di commento più tarde, si configurava quale raccolta organica di tutta la legislazione ecclesiastica prodotta nei secoli. L’esposizione scolastica dei contenuti - curati da Pietro Albignani Trecio, docente dell’università di Padova - rendeva inoltre l’opera un compiuto testo di studio, nonché un’apprezzatissima novità in ambito ecclesiastico ed accademico.
Committenti
Nonostante permangano ancora forti dubbi sul fronte della committenza, con ogni probabilità, il "Decretum" sarebbe stato confezionato per un membro della famiglia Roverella, nobile casato celebre per lo splendore dei suoi prelati. Secondo alcuni studi, potrebbe trattarsi di Filasio, vescovo di Ravenna e uomo di notevole cultura, oppure di Nicolò, abate generale degli olivetani tra il 1472 e il 1476, legatissimo al cenobio di San Giorgio.
"Human Genus" (1474) by "Master of the antiphonary carthusian"Musei di Arte Antica
La stampa a Ferrara
Negli anni immediatamente successivi all’invenzione che di lì a poco avrebbe rivoluzionato per sempre i meccanismi della produzione libraria, l’interesse per la stampa si diffuse anche a Ferrara. In particolare, si impone il modello tipografico veneziano che, come si evince anche dalla prima carta del "Decretum", unisce all’eleganza formale dei caratteri e dell’impaginato una straordinaria attendibilità dei testi, verificati da fini umanisti e autorevoli studiosi.
L’incunabolo si apre con una prima grande pagina miniata, decorata ai lati da un consistente tralcio fogliaceo, disposto a formare una cornice. In posizione centrale figurano, in alto un cesto di frutta, e in basso lo stemma dei Roverella, sormontato da una piccola mitria, emblema del potere vescovile.
Fiancheggiano lo stemma due medaglioni raffiguranti rispettivamente, a sinistra una lince in paesaggio, e a destra la lotta con il drago di San Giorgio, santo protettore di Ferrara e del monastero degli olivetani ferraresi.
Nella prima vignetta, raffigurante la presentazione dell’opera al papa, la scena si condensa attorno alla figura del pontefice che, assiso in trono, riceve il trattato dalle mani del monaco Graziano, umilmente genuflesso al suo cospetto. L’immagine veicola una precisa esaltazione del diritto canonico, la cui elaborazione e il cui esercizio è prerogativa della Chiesa e dei suoi alti prelati.
Le vignette miniate
Il testo è corredato da vignette minori che, poste all’inizio di ogni causa, contribuiscono a dare una rappresentazione figurata della questione giuridica in esse dibattuta. L’illustrazione delle scene avviene in chiave svelta ed essenziale: le figure, contornate da paesaggi brulli, si stagliano su uno sfondo di semplici architetture geometriche ed esili colonne, mentre in lontananza si profilano contorni di città. L’intera serie di vignette risulta nella maggior parte eseguita da un solo maestro denominato “maestro superiore” - identificato con Antonio Maria da Villafora, miniatore attivo a Padova dagli anni Ottanta del XV secolo - e da alcuni suoi collaboratori, tra i quali spicca il cosiddetto “maestro espressivo”.
Case XXXIII, "Quidam vir maleficiis imeditus" (1474) by "Expressive Master"Musei di Arte Antica
Per la prima volta nella miniatura ferrarese irrompe la vita reale, concretamente vissuta dalla gente comune: un popolo di personaggi, laici ed ecclesiastici, è ritratto nell’immediatezza del quotidiano nell’intimità degli interni o nell’essenzialità dei paesaggi.
Case XXVI, "Quidam sacerdos sortilegius" (1474) by "Expressive Master"Musei di Arte Antica
Nell’incunabolo Roverella l’esuberanza decorativa così cara alla miniatura ferrarese, scompare per lasciare il posto ad un semplice ornato fogliaceo, caratterizzato da un’esecuzione essenziale ma sempre variata, in cui un esempio emblematico è offerto dalle iniziali figurate con infiorescenze all’interno.
Nella parte figurata la luce domina chiara, i colori sono freschi e un segno asciutto e sottilmente vibrato innerva le figure dei personaggi che, sensitivissimi e come scarnificati, recitano l’azione con aristocratica eleganza e alta intensità drammatica.
Case XIII, "Diocesani cuiusdam baptisimalis ecclesiae" (1474) by "Master of the Carthusian antiphonary"Musei di Arte Antica
E' in questa accezione narrativa che risiede la modernità del "Decretum Roverella". Evidente è infatti, nella formazione dei miniatori coinvolti, l’influenza di Guglielmo Giraldi e delle esperienze pittoriche d’avanguardia di Cosmè Tura ed Ercole de’ Roberti.
Case XV, "Quidam sacerdos in crime carnis" (1474) by AnonymousMusei di Arte Antica
Ne è un chiaro esempio la Causa XV, dove una scarna ambientazione accoglie i protagonisti. La scena, di difficile lettura, è stata interpretata come un moderno, eppure antichissimo, femminicidio.
Percorso a cura di Tatiana De Bartolo e Maria Chiara Mosele.
Ha collaborato Romeo Pio Cristofori.
Per approfondimenti si rimanda a "La miniatura a Ferrara. Dal tempo di Cosmè Tura all'eredità di Ercole de' Roberti", a cura di Federica Toniolo, Franco Cosimo Panini, Modena 1998, pp. 249-252.