Anselm Kiefer. I Sette Palazzi Celesti 2004-2015

Da un progetto di Lia Rumma. Riallestimento a cura di Vicente Todolí.

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I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

L’installazione site-specific de “I Sette Palazzi Celesti” – concepita e presentata per l’apertura di Pirelli HangarBicocca nel 2004 da un progetto di Lia Rumma – deve il suo nome ai Palazzi descritti nell’antico trattato ebraico “Sefer Hechalot”, il “Libro dei Palazzi/Santuari” risalente al IV-V secolo d.C., in cui si narra il simbolico cammino d’iniziazione spirituale di colui che vuole avvicinarsi al cospetto di Dio.

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Le sette torri – del peso di 90 tonnellate ciascuna e di altezze variabili tra i 14 e i 18 metri – sono realizzate in cemento armato utilizzando come elementi costruttivi moduli angolari dei container per il trasporto delle merci. L’artista ha inserito tra i vari piani di ciascuna torre libri e cunei in piombo, che, comprimendosi sotto il peso del cemento, garantiscono maggiormente la staticità delle strutture. Per Kiefer l’utilizzo di questo metallo non ha solo un valore funzionale, ma anche simbolico: il piombo, infatti, è considerato nella tradizione materia della malinconia.

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

“I Sette Palazzi Celesti” rappresentano un punto d’arrivo dell’intero lavoro dell’artista e sintetizzano i suoi temi principali proiettandoli in una nuova dimensione fuori dal tempo: l’interpretazione dell’antica religione ebraica; la rappresentazione delle rovine dell’Occidente dopo la Seconda guerra mondiale; la proiezione in un futuro possibile da cui l’artista ci invita a guardare il nostro presente.

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Cinque grandi tele, ancora inedite e realizzate tra il 2009 e il 2013, arricchiscono e ampliano l’installazione permanente di Anselm Kiefer, “I Sette Palazzi Celesti”. Il riallestimento del 2015, a cura di Vicente Todolí, ha ripensato e ha conferito un nuovo significato al lavoro dell’artista. Le opere pittoriche, infatti, formano, insieme alle “torri”, un’unica installazione – dal titolo “I Sette Palazzi Celesti 2004–2015” – che affronta temi già presenti nell’opera site-specific: le grandi costruzioni architettoniche del passato come tentativo dell’uomo di ascendere al divino; le costellazioni rappresentate attraverso la numerazione astronomica.

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Grazie al nuovo allestimento la pratica artistica di Kiefer viene approfondita ulteriormente attraverso il linguaggio pittorico, evidenziando riflessioni centrali nella sua poetica, come la relazione tra uomo e natura e i riferimenti alla storia del pensiero e della filosofia occidentale. In questo modo il visitatore ha la possibilità di attraversare lo spazio delle “torri” e fruire dei nuovi lavori, esplorando prospettive inedite, nate dal dialogo tra i quadri e l’installazione.

Sefiroth (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Sefiroth

“Sefiroth”, la prima delle sette torri concepita dall’artista, è anche la più bassa. Culmina con una pila di sette libri di piombo e presenta neon recanti i nomi ebraici delle sefirot, che nella mistica ebraica della Cabala rappresentano le espressioni e gli strumenti di Dio che contengono la materia stessa del creato: Kether (corona), Chochmah (sapienza), Binah (intelligenza), Chessed (clemenza), Geburah (potenza), Tiffereth (bellezza o maestà), Netzach (pazienza/tolleranza), Hod (Maestà), Yesod (fondamento), Malkut (regno) e Daad (intelligenza e sapienza).

Sefiroth (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Melancholia (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Melancholia

“Melancholia” si distingue soprattutto per il completamento dell’ultima soletta, un poliedro ripreso dall’omonima incisione realizzata nel 1514 da Albrecht Dürer, che divenne una delle più famose rappresentazioni allegoriche della figura dell’artista. Gli artisti erano definiti “i nati sotto Saturno”, poiché si riteneva che il pianeta della malinconia ne rappresentasse il carattere contemplativo e ambivalente.

Melancholia (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Ai piedi della torre sono presenrti le cosiddette “stelle cadenti”, rappresentate da piccole lastre di vetro e strisce di carta contrassegnate da serie alfa-numeriche corrispondenti alla classificazione dei corpi celesti utilizzata dalla NASA.

Melancholia (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Ararat (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Ararat

“Ararat” deve il suo nome al monte dell’Asia Minore dove la tradizione biblica ritiene si sia arenata l’Arca di Noè. Questa è rappresentata da un modellino in piombo presente sulla sommità della torre a simboleggiare un mezzo portatore di pace e di salvezza, ma al tempo stesso nave da guerra, veicolo di distruzione e desolazione.

Linee di campo magnetico (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Linee di Campo Magnetico

La torre più imponente dell’intera installazione misura 18 metri di altezza ed è caratterizzata da una serie di pellicole di piombo che la percorre interamente fino a depositarsi ai piedi dell’edificio, a fianco di una bobina cinematografica e di una cinepresa composte dallo stesso metallo.

Linee di campo magnetico (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

La scelta del piombo, materiale che non può essere attraversato dalle radiazioni luminose e non permette quindi la produzione di alcuna immagine, si presta a diverse interpretazioni: dal tentativo nazista di cancellare la cultura ebraica e le minoranze etniche, alla lotta iconoclasta che percorre periodicamente la cultura occidentale dall’epoca bizantina fino a quella luterana, alla concezione, più volte enunciata da Kiefer, che “ogni opera d’arte cancella la precedente”.

Linee di campo magnetico (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

JH&WH (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

JH & WH

Queste due torri sono disseminate alla base di meteoriti numerati in piombo fuso dalla forma irregolare che simboleggiano il mito della creazione secondo alcuni testi della Cabala. Le due torri sono complementari anche nel coronamento, culminante con una scritta al neon che disegna rispettivamente le lettere JH e WH che, se unite secondo le regole della fonetica ebraica, formano la parola Jahweh, termine impronunciabile per la tradizione giudaica.

JH&WH (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

JH&WH (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

JH&WH (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

JH&WH (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

JH&WH (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

JH&WH (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Torre dei Quadri Cadenti (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Torre dei Quadri Cadenti

La “Torre dei Quadri Cadenti” deve il suo nome agli oggetti presenti dalla sommità ai piedi dell’edificio: si tratta di una serie di cornici di legno e piombo contenenti delle lastre di vetro spesso irregolarmente infrante. Diversamente da quanto ci si aspetterebbe, le cornici non mostrano alcuna immagine. Anselm Kiefer ancora una volta affronta il tema dell’immagine mancante e dei suoi possibili molteplici rimandi.

Torre dei Quadri Cadenti (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Torre dei Quadri Cadenti (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Torre dei Quadri Cadenti (2004) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Jaipur (2009) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Jaipur

Il dipinto prende il titolo dalla città di Jaipur, visitata da Kiefer durante i suoi numerosi viaggi in India. La tela raffigura un paesaggio notturno: nella parte inferiore appare una struttura architettonica che ricorda una piramide invertita, mentre in quella superiore un cielo stellato. Le costellazioni del cielo, collegate da linee, sono numerate utilizzando il sistema di classificazione della NASA. L’opera pare come quella più legata tematicamente a “I Sette Palazzi Celesti”: la piramide diventa simbolo del vano tentativo di avvicinamento dell’uomo al divino.

Cette obscure clarté qui tombe des étoiles (2011) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Cette obscure clarté qui tombe des étoiles

In questi due dipinti della serie “Cette obscure clarté qui tombe des étoiles” Kiefer raffigura un paesaggio desertico, su cui applica dei semi neri di girasole – elementi ricorrenti nel lavoro dell’artista – che diventano simbolicamente stelle rovesciate, nero su bianco, come se fossero un negativo. Aggiungendo materiali differenti alla superficie pittorica, l’artista oltrepassa il limite tra pittura e scultura e sembra invitare l’osservatore a entrare nel suo mondo.

Cette obscure clarté qui tombe des étoiles (2011) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Alchemie (2012) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Alchemie

L’opera è composta da due tele affiancate, che raffigurano un paesaggio arido, dove la terra appare del tutto sterile. Una pioggia di semi di girasole è l’unico segno di vitalità e speranza di ricrescita. Elemento che connette le tele è una bilancia, contenente su un piatto del sale e sull’altro semi di girasole, simboli contrapposti di sterilità e fertilità. Questa presenza è un chiaro rimando all’interesse dell’artista per l’alchimia, scienza esoterica il cui fine era trasformare il piombo in oro, allegoria della tensione dell’uomo verso la perfezione e il divino.

Die Deutsche Heilslinie (2012-2013) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Die Deutsche Heilslinie

L’opera pittorica più grande dell’allestimento di Pirelli HangarBicocca raffigura simbolicamente e letteralmente – come si evince dal titolo – la storia della salvezza tedesca. Sulla traiettoria di un arcobaleno, che collega cielo e terra e attraversa l’intera superficie, Kiefer trascrive, inserendoli in un percorso storico-filosofico dall’Illuminismo al pensiero di Karl Marx, i nomi di pensatori tedeschi assertori di un’idea di salvezza attraverso l’azione di un leader. Alla base del quadro è invece rappresentata la figura di un uomo, ritratto di spalle mentre osserva solitario il paesaggio, che richiama le opere romantiche del pittore Caspar David Friedrich. Intorno a questa sono riportati i nomi di quei pensatori, sostenitori dell’idea che si possa giungere alla salvezza attraverso il riconoscimento della propria identità individuale.

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Anselm Kiefer

Anselm Kiefer nasce a Donaueschingen in Germania nel 1945. Dopo gli studi in legge e in letteratura, si dedica all’arte. I suoi primi lavori, realizzati nella seconda metà degli anni ’60, sono influenzati dal gesto e dall’opera dell’artista Joseph Beuys.

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Tra il 1993 e il 2007 Kiefer si trasferisce a Barjac, nel Sud della Francia, dove ha trasformato una fabbrica della seta di 350.000 metri quadrati nella sua casa-studio. Oggi vive e lavora a Croissy e a Parigi, ma molte delle sue grandi installazioni sono ancora custodite a Barjac, in una sorta di museo personale e opera d’arte totale.

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Nel 1971 realizza il suo primo quadro di grandi dimensioni, in cui rilegge la recente storia tedesca, attraverso riferimenti alla filosofia e alla mitologia teutonica. I suoi interessi per l’alchimia lo portano a inserire nelle sue opere materiali simbolici e naturali, come piombo, sabbia, paglia e semi.

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015 (2004-2015) di Anselm KieferPirelli HangarBicocca

Dopo un viaggio a Gerusalemme nel 1984, Kiefer rimane affascinato dalla tradizione mistica ebraica della Cabala, che diventerà uno dei temi ricorrenti della sua opera. Intraprende lunghi viaggi in Egitto, Yemen, Brasile, India e America Centrale alla ricerca dei segni delle antiche civiltà scomparse, che pone al centro della sua ricerca artistica a partire dagli anni ’90. In questo periodo le grandi costruzioni architettoniche del passato, come piramidi egizie e ziggurat assiro-babilonesi, vengono rappresentate dall’artista come rovine, simbolo della sconfitta inevitabile dell’ambizione dell’uomo che tenta di elevarsi verso uno stadio superiore e quasi divino.

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